“Un appartenente alle forze dell’ordine, sospeso per non avere rispettato l’obbligo vaccinale per il Covid, non può vedersi congelare anche lo stipendio”. Così ha deciso la quinta sezione del Tar del Lazio, che ha accolto cinque ricorsi, presentati da altrettanti appartenenti a forze di polizia, che nelle scorse settimane sono stati sospesi dal servizio e privati dello stipendio per non essersi vaccinati.La pronuncia del Tar di Roma a favore degli agenti, la prima in Italia, è stata anche una vittoria per l’avvocato Raffaella Lauricella (nella foto), originaria di Ravanusa. Con la pronuncia è stato congelato lo stop alla retribuzione dei cinque agenti. Il giudice è intervenuto solo relativamente allo stipendio, rinviando ogni altra decisione alla discussione in seduta collegiale. “Gli agenti sospesi per motivi disciplinari, magari perché condannati per mafia, percepiscono un assegno alimentare. Ai poliziotti non vaccinati viene tolto tutto”, ha sottolineato Raffaella Lauricella, avvocato di uno dei ricorrenti. La decisione del tribunale amministrativo, la prima del genere in Italia, può aprire la strada a una vera e propria valanga di ricorsi che se accolti potrebbero tradursi in una spesa non indifferente per lo Stato che potrebbe trovarsi anche costretto al risarcimento danni.
Il decreto legge del 26 novembre 2021 impone la vaccinazione anti Covid ai militari, alle forze di polizia, al personale del soccorso pubblico, mentre il decreto del 7 gennaio 2022 estende l’obbligo al personale degli istituti penitenziari. All’inizio dell’anno erano circa un migliaio di poliziotti sospesi da lavoro e quindi dallo stipendio (alcuni del tutto altri solo in parte). Tra i ricorsi accolti c’è quello di un assistente capo no vax della polizia penitenziaria che non si è sottoposto alla vaccinazione e il 29 dicembre 2021 e si è visto notificare il provvedimento disciplinare: sospensione dal servizio e sospensione integrale dello stipendio. Si è quindi rivolto al Tar. Per il giudice monocratico “il ricorso, prospettando in sostanza profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa, richiede adeguato approfondimento nella sede propria collegiale” e “in relazione alla privazione della retribuzione, e quindi della fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile”. Da qui l’accoglimento dell’istanza solo (sino all’esame collegiale) “limitatamente alla disposta sospensione del trattamento retributivo”. “Il presidente della quinta sezione – spiega Raffaella Lauricella, legale del ricorrente – ha emesso cinque decreti cautelari di accoglimento che hanno sospeso l’efficacia dei provvedimenti in base ai quali era stata tolta la retribuzione ad alcuni dipendenti. Il giudice ha evidenziato che i ricorsi prospettano in sostanza profili di illegittimità costituzionale”. Di fatto, con la discussione in sede collegiale possono aprirsi varie strade. “Dal riconoscimento di almeno un minimo della retribuzione, all’annullamento della sospensione perché illegittima. Ciò che abbiamo chiesto con i colleghi dello studio legale Parenti in sede di ricorso principale è l’annullamento dei provvedimenti impugnati e l’istanza risarcitoria di tutti i danni subiti dai ricorrenti. C’è l’elemento oggettivo del ‘danno ingiusto’ dato che i ricorrenti allo stato attuale, in virtù dei provvedimenti di sospensione adottati dalle amministrazioni, non percepiscono alcuna retribuzione”, conclude l’avvocato.
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