A margine della nomina del nuovo vicario generale, un desiderio di cambiamento.
In questa ottica bisogna vedere la nomina del nuovo vicario generale nella persona del giovanissimo don Giuseppe Cumbo da parte del nuovo arcivescovo-metropolita don Alessandro Damiano il quale ha preso di colpo, quasi improvvisamente, (anche se nella sua nomina del 30 aprile 2020 era stabilita la successione) le redini del governo della arcidiocesi agrigentina lo scorso 22 maggio, in maniera che è apparsa quasi improvvisa, per decisione di Papa Francesco, che ha accettato le dimissioni di don Franco Montenegro, proprio nel giorno in cui don Franco compiva il suo 75mo compleanno.
In questo lasso di tempo di due settimane, dal 22 maggio ad oggi, don Alessandro ha fatto un sondaggio tra molti presbiteri sulle qualità che venivano richiesta da parte del vicario generale per questa nostra diocesi. Una nomina questa – da precisare – comunque di sua esclusiva competenza, come espressamente stabilito dal Codide di diritto canonico. Don Alessandro ha chiesto pareri sulle qualità ed il parere prevalente di tanti presbiteri consultati, lo ha orientato alla scelta di don Giuseppe Cumbo.
Un sondaggio particolare insomma quello di don Alessandro, con un metodo diverso da quello che a suo tempo fu usato da don Franco Montenegro, che, allora nel 2008, espressamente chiedeva una terna di nomi, all’interno dei quali, egli avrebbe liberamente scelto il suo vicario generale, che allora è stato don Melchiorre Vutera.
La nomina verso le ore 12,45, di don Giuseppe Cumbo, nativo di Aragona, classe 1982, ordinato presbitero, dal vescovo Ferraro, l’8 marzo del 2008, proprio alla fine dell’Assemblea presbiterale di questa mattina, oggi riunita in preghiera in Cattedrale, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù per un incontro di spiritualità, è stata accolta da tutti con un prolungato, lungo e scrosciante appaluso.
In precedenza, dopo la recita dell’Ora Media e la riflessione dell’Arcivescovo Alessandro, c’era stata un’ora di adorazione eucaristica silenziosa, a cui erano seguiti dopo la solenne benedizione, diversi liberi brevi interventi di presbiteri, come don Catanzaro, Montana, Tortorici, Petrone, Argento, Taffari, Brancato, ecc. ecc…con l’aggiunta anche di qualche diacono e seminarista. Interventi tutti interessanti, in cui appariva evidente in ognuno un certa visione di Chiesa, una diversa valutazione del percorso precedente della Chiesa Agrigentina, …il desiderio di un rinnovamento e magari una certa nostalgia se non proprio amarezza, nel cambio dei diversi escovi, da Mons. Petralia a Mons. Bommarito, a Mons. Ferraro, a Don Franco Montenegro che ha iniziato nel maggio 2008, programmando nei primi mesi per un buon biennio un periodo di ascolto……; in questo contesto adesso è sembrata affiorare una certa preoccupazione e/o più sensibilmente l’auspicio di un recupero o di un rilancio in maniera chiaramente innovativa in tutto o almeno in parte, rispetto al passato…
Francamente, comunque, devo dire che in quasi tutti gli interventi mi è sembrato comunque di cogliere un certo smarrimento più o meno avvertito, se non proprio una preoccupazione per quello che il futuro ci riserva. E ciò, forse, in riferimento più o meno cosciente – ho pensato io – alla preoccupazione di Papa Francesco, la cui freschezza e genuinità evangelica di approccio anche sui problemi più scottanti è stata espressamente sottolineata dall’arcivescovo Alessandro.
E proprio Papa Francesco nei giorni scorsi, con grande lucidità, riguardo alle difficolta anche pastorali della pandemia che stiamo da tempo vivendo), con la sua solita franchezza ha voluto dire che “…peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, rinchiudendoci in noi stessi”.
E gli esperti di pastorale, nelle varie riviste, proprio in questi giorni non si tancano di usare parole forti, per suggerire di cogliere l’occasione della pandemia, per cambiare in profondità l’impostazione pastorale generale, raccomandando anzitutto che, in campo ecclesiale, tornare alla “normalità”, non deve significare tornare al passato; considerando il ritorno al passato un vero e proprio “virus da evitare”.
Con queste idee che passavano per la mia testa (e forse non solo !) , durante i vari interventi, ripetutamente – devo dire – che mi risuonavano nelle orecchie quelle parole di Mons. Ferraro all’inizio degli anni ’90, quando in una riunione c’era chi si accaniva per difendere una certa impostazione Pastorale, consacrata da un PIANO. Con una certa particolare specificità, scandita da precisi momenti chiaramente indicati e programmati, da osservare alla perfezione.
Cosa che non quadrava al Vescovo e non solo; e che perciò faceva dire al Pastore che “Il Piano Pastorale…è come il fango di cui si è servito Gesù per restituire la luce degli occhi al cieco nato”.
Per concludere, la nomina del nuovo Vicario Generale, è stata accolta con generale soddisfazione, anche perché, forse inconsciamente o meno, a me sembra che è stata davvero vista come il segno tangibile di una Chiesa che anela davvero a voltare pagina.
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