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Home » L’angolo di don Diego » Dal Sinodo per l’Amazzonia forse nuove e magari dirompenti indicazioni per tutta la Chiesa

Dal Sinodo per l’Amazzonia forse nuove e magari dirompenti indicazioni per tutta la Chiesa

Redazione Di Diego Acquisto
26 Ottobre 2019
in L’angolo di don Diego, Editoriali
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Dal Sinodo per l’Amazzonia forse nuove e magari dirompenti indicazioni per tutta la Chiesa su possibili ministeri ai “viri probati” e sul ruolo delle donne

Nuove e decisamente innovative le indicazioni per la Chiesa tutta, che potrebbero emergere e far discutere sin da domani, dal documento finale che sarà promulgato dal Papa.

Documento che domani, dopo la cerimonia conclusiva del Sinodo sarà promulgato, essendo già stato votato ed approvato per singole proposizioni – (dopo tutto il lavoro da parte dei Circoli minori, del Relatore generale, dei segretari speciali, con l’aiuto degli esperti) – con la prescritta maggioranza dei due terzi.

Un Sinodo quello sull’Amazzonia che farà sicuramente ancora discutere, ma che costituisce sicuramente un passo fondamentale per un nuovo tipo di relazione con i popoli indigeni, na non solo; una relazione con gli indigeni – come ha voluto in estrema sintesi affermare un esperto – “non più asimmetrica bensì fraterna”. Perché ogni popolo – (e gli amerindi in particolare) – ha un modo proprio di intendere la vita e Dio nella propria vita. Un principio che in passato con tutta la buona volontà non sempre è stato rispettato.

Ed il Sinodo sull’Amazzonia ha voluto mettere in luce anzitutto che c’è un modo indigeno di vivere la fede e la spiritualità cristiana. Che interagiscono con la Parola di Dio incarnandosi nella cultura nativa di ogni popolo con peculiarità particolari che devono essere rispettate.

Perciò in Assemblea si è parlato anche di un Rito ammazzonico che si aggiungerebbe perciò al Rito latino, a quello Ambrosiano, a quello Ortodosso- orientale-bizantino.

Ma oltre a questo, a parte il problema dei “viri probati uxorati” che dopo il diaconato potrebbero essere ammessi al presbiterato per assicurare la celebrazione della Messa in tanti posti dell’Amazzonia – (un argomento questo che ha appassionato di più i mass-media mondiali, perché visto come primo passo per l’abolizione del celibato ecclesiastico obbligatorio per il sacerdozio) – altro argomento rivoluzionario potrebbe essere il ruolo delle donne nella Chiesa dell’Amazzonia. E poi dall’Amazzonia, chissà anche nella Chiesa tutta.

Già ! il ruolo delle donne, specie dalle nostre parti dove la prevalenza dei fedeli praticanti è senz’altro di genere femminile e tanti servizi nella nostre Chiese sono prestati proprio da donne di fede che si sacrificano ben volentieri per il culto e per la sacra suppellettile.

Bene ! al Sinodo dell’Amazzonia, in Assemblea, è stato detto : “Il diritto canonico, per le donne, prevede tutto, tranne che ascoltare la confessione e celebrare la Messa”. Quindi si voleva chiaramente dire che ci sono tante cose in più che le donne possono fare. Perché non consentirlo ?

Ed il vescovo boliviano Ricardo Ernesto Centellas Guzman, presidente della Conferenza episcopale della Bolivia, ha fatto l’esempio della sua diocesi, dove, ha detto, “ho una vicaria pastorale e il modo in cui chiama a percorrere il cammino pastorale è diverso rispetto al modo in cui potrebbe farlo un uomo: non cerca di imporsi, convoca le persone per ricevere suggerimenti e questo permette alla comunità di essere soggetto sinodale e decisionale. Il modo di percepire la vita, di affrontare i problemi, di far sì che la Chiesa possa camminare in comunità è un approccio completamente diverso”.

Spazio quindi alle donne anche nella gestione giuridico-pastorale del governo delle diocesi in Amazzonia. Ma perché anche non altrove ? con il beneficio di rendere liberi presbiteri preparati e saggi per la pastorale nelle periferie, dove le loro doti potrebbero risultare ancora più preziose e determinanti per il Regno.

Ed all’inizio del Sinodo, proprio l’Osservatore Romano dava spazio ad una riflessione di papa Francesco sul dialogo serrato tra il Signore e Giona, “due testardi”. “Giona, testardo con le sue convinzioni della fede — osservava Papa Francesco — e il Signore testardo nella sua misericordia”. Giona, testardo perché lui concepiva la fede con condizioni, modello di quei cristiani “a patto che”, cristiani con condizioni che si rinchiudono nelle proprie idee, scivolando così sul “brutto cammino dalla fede all’ideologia”. «E oggi ce ne sono tanti, di questi cristiani che hanno paura, cristiani che – afferma ancora il Papa – “preferiscono l’ideologia alla fede” e si allontanano dalla Comunità, “hanno paura di mettersi nelle mani di Dio e preferiscono giudicare tutto, ma dalla piccolezza del proprio cuore”. E Papa Francesco insiste ancora su una Chiesa in uscita “che fa vedere il Signore che si avvicina a tutte le realtà,… così come si avvicinava ad accarezzare i lebbrosi, i malati. Perché è venuto per guarire, per salvare, non per condannare”.

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