Credo che la grandezza di Camilleri non sia stata la definizione di un personaggio, quello del commissario Montalbano, ma la definizione di una “figura” (la sua) di Ambasciatore che, attraverso la scrittura, abbia raccontato la Sicilia, i sui valori, la sua cultura e le tradizione, le radici di apertura al mondo e la garbata chiusura verso le derive.
Credo che incarni il siciliano che non migra per mancanza di lavoro ma che da “siciliano di mare aperto” si trasferisce per cercare nuovi orizzonti di conoscenza per cercare nuovi approdi, per andare a colonizzare nel solco di un’identità che si basa su antiche radici e nobili tradizioni.
In generale, credo che rappresenti un condensato di valori positivi di ricerca attraverso l’antico di un’idea di modernità. Camilleri incarna la figura di un siciliano per bene, corretto e di stile, che vuole, seppure in maniera talvolta ideale, una politica positiva delle cose e contemporaneamente è l’uomo aperto a tutto ciò che è positivamente nuovo, l’uomo che sa guardare lontano nel mondo con un occhio alla Sicilia, ai suoi contrasti, ai suoi colori e ai suoi profumi ad un benessere non in termini sociali, ma in termini di anima e di interiorità, di “porto” e di casa, che gli suggerisce lo “scusciu du mari”.
Un regista dell’affermazione della sicilianità, che ha reso internazionale il siciliano, con un registro linguistico “terzo”, rispetto alla tradizione e all’italiano moderno, costruendo anche uno “slang” che ha portato la Sicilia nel mondo, con la sua bandiera più bella: la lingua siciliana.
Ma è anche un gigante della cultura italiana, con solide radici classiche.
Come Tiresia, Camilleri, è stata una Personalità che ha saputo guardare lontano, e ci ha saputo condurre fuori dalla Sicilia. Da siciliani.
Paolo Licata
presidente Club per l’UNESCO di Agrigento
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