LICATA. Sarà eseguita il 4 giugno l’autopsia sulla salma di Salvatore Mugnos, l’operaio di 52 anni deceduto in ospedale ad Agrigento lo scorso 8 maggio, dopo un intervento chirurgico d’urgenza per calcolosi renale. La Procura della Repubblica di Agrigento, che ha aperto una inchiesta per verificare se ci sono responsabilità dei medici e del personale sanitario che ha avuto il paziente in cura, ha disposto l’esame autoptico per fugare ogni dubbio ed ha incaricato il dottor Angelo Montana del dipartimento di medicina legale dell’università di Catania, che domani alle 15,30 riceverà formalmente la nomina.
In tutto sono 18 le persone iscritte, come atto dovuto, sul registro degli indagati, tra medici, infermieri e personale sanitario degli ospedali di Agrigento, Licata e Gela che hanno avuto a che fare con il ricovero di Mugnos. Si tratta di: Mario Gaetano Visaloco, difeso dall’avvocato Giuseppe Maria Purpura; Fabrizio Alletto, difeso dall’avvocato Luigi Reale; Angelo Castiglione, rappresentato dall’avvocato Giovanna Maria Sanfilippo; Calogero Cona, difeso dall’avvocato Giuseppe Glicerio; Enrico Lombardo, difeso dall’avvocato Maria Rignano; Salvatore Miranda, difeso dall’avvocato Rosa Salvago; Giorgio Pecoraro, assistito dall’avvocato Anna Pecoraro; Fabrizio Rabita, difeso dall’avvocato Calogero Petix. Ed ancora: Salvatore Tirri, rappresentato dall’avvocato Giuseppe Peritore; Anna Marta Vetro, difesa dall’avvocato Ignazio Valenza; Mario Emilio Amato, difeso dal legale Rosa Salvago; Salvatore Butticè, rappresentato dall’avvocato Calogero Santamaria; Giuseppe Raimondo Cammilleri, pure lui difeso dall’avvocato Salvago; Salvatore Di Lascio, assistito dall’avvocato Maria Floriana Salamone; Giuseppe Ferraro, rappresentato dal legale Riccardo Pinella; Gabriele Iacona, difeso dall’avvocato Giovanna Maria Sanfilippo; Alfonso Palillo, rappresentato dall’avvocato Riccardo Pinella e Calogera Vella, difesa dall’avvocato Antonio Provenzani.
Tutti sono accusati di omicidio colposo, in concorso (articoli 110 e 589 del codice penale). Il cadavere dell’uomo si trova all’obitorio dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento dal giorno 8 maggio, cioè da quando è morto. Adesso è stato nominato dunque, dal pubblico ministero, il sostituto procuratore della Repubblica, Paola Vetro, il consulente tecnico che dovrà eseguire l’autopsia e poi la salma sarà consegnata ai familiari per i funerali. Familiari, che risultano parte lesa, cioè Grazia Zarbo, la moglie ed i figli Davide e Luca Mugnos, quest’ultimo rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Balsamo di Licata. L’inchiesta era stata aperta, immediatamente dalla Procura della Repubblica di Agrigento, per far luce sulle cause che hanno determinato il decesso dell’operaio, trasferito d’urgenza al nosocomio di contrada Consolida ad Agrigento, dopo essere rimasto – secondo l’accusa – per più di 10 ore in astanteria al Pronto soccorso dell’ospedale di Licata. In sostanza all’ospedale di Agrigento l’uomo sarebbe giunto in condizioni critiche per essere sottoposto ad un intervento chirurgico quando ormai era troppo tardi. Sotto accusa, dunque, il personale in servizio al pronto soccorso del nosocomio di contrada Cannavecchia a Licata, a cui l’uomo si era rivolto per un problema di calcolosi renale, un urologo di Gela, ed i medici e personale sanitario del San Giovanni Di Dio che lo hanno operato d’urgenza. La denuncia era partita subito ed al pronto soccorso dell’ospedale di Licata si erano presentati i carabinieri per acquisire – su ordine della Procura di Agrigento – la cartella clinica dell’uomo e le terapie che sono state somministrate. Stessa cosa è stata fatta a Gela ed Agrigento, dove il cinquantenne licatese è stato curato prima di morire. (*PAPI*) Paolo Picone
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