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Home » L’angolo di don Diego » 18 Aprile 1948 –Cosa dice oggi quella data per la nostra vita democratica e repubblicana

18 Aprile 1948 –Cosa dice oggi quella data per la nostra vita democratica e repubblicana

17 Aprile 2018
in L’angolo di don Diego
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– di Diego Acquisto Oggi si compiono 70 anni  dall’elezione del primo Parlamento repubblicano in Italia. Nel 1948  il 18 aprile era una domenica e gli italiani, dopo  il ventennio fascista, con i criteri appena  fissati  dalla nuova Carta Costituzionale che aveva sostituito lo Statuto Albertino dell’epoca monarchica,  furono chiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti  nel Parlamento repubblicano, bicamerale, di Camera e Senato. Si tennero cioè  le prime elezioni politiche dopo la nascita della Repubblica, le prime a cui ebbero diritto di partecipare per la prima volta  anche le donne.

Aspra e combattuta la campagna elettorale. Si  scontravano le due principali culture,  quella   cattolica e quella social-comunista, in una lotta senza quartiere per conquistare il consenso. Coinvolti i Partiti di massa che pure per approvare la Carta Costituzionale avevano raggiunto un larghissimo accordo. Cioè la  Democrazia Cristiana ed il Fronte Popolare, formato dal  Partito comunista  ed quello socialista; due fronti appassionatamente  contrapposti che avevano radici  profonde ed incidevano molto nel tessuto sociale.

I due grossi schieramenti politici, Democrazia Cristiana e Fronte  Popolare, contrapposti ed avversari sul piano ideologico,  si

rivelavano tuttavia chiaramente responsabili e  reciprocamente complementari nell’assicurare e garantire un equilibrio al  nuovo sistema politico che doveva iniziare, dopo l’esperienza fascista.  Insomma come si suole opportunamente sintetizzare,  due “modelli contro”, ma accumunati dall’antifascismo e dalla volontà  e  passione di dare un nuovo volto e taglio  alla democrazia. La Democrazia Cristiana  aveva il suo leader nella nobile figura del  trentino Alcide De Gasperi, mentre  il Fronte  Popolare, (comunisti e socialisti) era rispettivamente guidato dal piemontese Palmiro Togliatti e dal romagnolo Pietro Nenni, due figure anche queste di grande caratura, politica ed umana .

Le Sinistre, a cui bisogna dare atto di avere positivamente ed  attivamente  operato nella guerra di Liberazione, erano  pressoché sicure  di vincere la competizione elettorale.  Ma i risultati che uscirono dal segreto dell’urna, costituirono per loro un’amara sorpresa. La Democrazia Cristiana  ottenne la maggioranza assoluta, vinse ampiamente con  oltre 12 milioni di voti, superando largamente il Fronte.  Che restava nettamente in minoranza  anche se si fosse aggiunto   quel gruppo di  socialisti di  Ivan Matteo Lombardo, che aveva rotto  con il Fronte  in polemica con i Comunisti, ottenendo però  2 milioni di consensi.

Il resto si conosce bene.  Quel 18 aprile segnò per decenni la vita politica e sociale italiana, con la prevalenza  della  Democrazia Cristiana sino al 1994; con la  costante tendenza della DC a coinvolgere sempre le altre forze politiche ed  il suo modo di governare che – a parte i giudizi contrastanti – segnò un aumento pressoché costante  della classe media e quindi nel complesso una più  equilibrata distribuzione della ricchezza prodotta, proprio in netto contrasto con quello che hanno registrato anche le ultime  statistiche che, specie nel Meridione  impietosamente evidenziano soprattutto nell’ultimo quinquennio un pauroso allargamento della povertà  ed una incredibile   crescita delle diseguaglianze, con la quasi totale scomparsa della classe media.

Tutto un quadro preoccupante che pone adesso seri interrogativi su come sia cambiato il clima ed  il  rapporto fra politica e società, fra governanti e governati, e  anche fra  comunicazione e opinione pubblica.

Gli anniversari  possono essere utili e  determinanti  non solo per  tenere vivo il ricordo di un evento assai importante,   ma anche perché dal passato si possono cogliere nuovi e possibili spunti di riflessione per affrontare  e risolvere positivamente  i  problemi del presente. Il primo dei quali nell’attuale pasticcio successivo al 4

marzo u.s.  è sapere costruire in Parlamento quella base numerica stabile per il futuro esecutivo che non è uscita dalle urne.

Quella del “premierato”, visto che si è consentito di mettere  sulla scheda il nome del premier,  non credo che possa essere una scelta  del tutto democraticamente  ignorata, visto  che a scegliere sono stati i cittadini. E in democrazia   è una cosa ben diversa un premier scelto da 10 e più milioni di cittadini, ed invece un altro  scelto da 5 milioni e/o  addirittura da nessuno.  Personalmente credo che   sarebbe stato meglio impedire a tutti di mettere sulla scheda l’indicazione del premier,  come del resto  avveniva col proporzionale durante la cosiddetta prima Repubblica.

Oggi, la data del 18 aprile dovrebbe dire a tutti, che dovendo mettere al primo posto  il  bene comune   la figura del  candidato presidente del Consiglio vada individuata di comune accordo tra Presidente della Repubblica e forze rappresentate in Parlamento. Ognuna delle quali deve farsi  però carico della necessità di formare su punti condivisi una maggioranza di Governo. Con  una nuova cultura  politica libera da pregiudizi, risentimenti, rancori, puntigli,  dogmi ideologici e  quant’altro, per recuperare  quello che non è stato fatto e passare decisamente al dunque, cioè alle cose da fare. E senza   chiacchiere  e pretesti inutili, puntare ad abolire privilegi e  sperperi,

per liberare risorse ed avviare  la riduzione delle sofferenze e diseguaglianze sociali.

Potrà sembrare un’utopia, ma è l’unica cosa sensata  da  fare.

Diego Acquisto

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