Oggi è il tuo 86 esimo compleanno caro Lillo Mannino. E mi permetto di darti del tu, solo per questo giorno, vista la circostanza significativa, perché a scrivere, oggi, è come se mi accompagnasse mio padre, col quale avevi un rapporto umano talmente robusto e sincero che travalicava quello politico. Sono cresciuto con i facsimili di Mannino fra le mani, confusi tra le figurine “Panini” dei grandi calciatori dell’epoca.
Da ragazzino, poi, appassionato di politica, quei facsimili li consegnavo, durante le campagne elettorali (quando si era eletti con le preferenze) agli amici, ai parenti, ai conoscenti; per le strade, nei bar, durante le partite di calcio, tra il pubblico. Li consegnavo con papà, ma a volte da solo, come quando entrando nelle palazzine più grandi di Favara, li ponevo dentro i bucalettere. Ma li consegnavo anche ai passanti, specie la Domenica, quando ancora si passeggiava in centro!
Destava curiosità che un ragazzino di 14 anni circa “si occupasse” di politica. E li ricordo ancora alcuni di quei volti, ora increduli, ora divertìti, ora spigolosi, ora ben predisposti nel ricevere il “santino” di Lillo. Peraltro, Lillo, era indiscutibilmente una delle intelligenze politiche più pregiate della Sicilia e del Sud Italia. Forse la più pregiata.
I tuoi comizi, ogni tuo intervento pubblico, rappresentavano una lectio magistralis per il vastissimo pubblico che veniva sempre ad ascoltarti, anche non democristiano. Io, grazie a papà, avevo il privilegio di stare sempre nelle prime file ad ascoltare quel fine intellettuale (ancor prima del politico) che nella “lettura critica” dei fatti del tempo, passava da dati storici a citazioni filosofiche e letterarie, da considerazioni di ordine micro e macro economico a riflessioni sulla politica estera, con quella eleganza stilistica ed argomentativa, che rendeva il pubblico muto, attento, concentrato.
La tua esaltante, meritata e galoppante carriera politica non fu sponsorizzata da nessuno (padri, nonni, zii…) se non da quel talento incredibile, che pian piano, ai piani alti di Piazza del Gesù, si andava facendo sempre più spazio. Eri, caro onorevole, destinato a diventare il leader della DC e sei diventato per questo, un nemico, un mostro, un “soldato”che non doveva prendere i gradi ma doveva essere abbattuto.
Siamo negli anni feroci, da “tangentopoli” in poi, dove la lotta politica fece capolino anche in altri ambiti. Sei diventato un bersaglio. Hai subito la gogna dell’umiliazione, delle pesanti accuse, dei capi d’imputazione grandi come dei macigni. Finisci fuori dalla politica perché estromesso, poi finisci in carcere, poi a casa, prima ai domiciliari, poi (libero) a fare i conti con migliaia e migliaia di incartamenti per difenderti, per reagire, per ripristinare la tua onorabilità etica e politica.
Passavano gli anni, intanto, anzi i decenni, ed ogni tanto venendoti a trovare a casa, mi mostravi ora le dichiarazioni di qualche pentito, ora qualche verbale del processo, ora qualche tua memoria difensiva. Temevo ma soprattutto lo temeva papà, che non riuscissi a “demolire” le ingiurie, le offese, i teoremi, a superare le tante umiliazioni subite.
Eri già più che sessantacinquenne, provato dall’esperienza della privazione della libertà e soprattutto dalla lotta estenuante per recuperare l’onorabilità della tua persona. Spesso ti trovavo smagrito e coi capelli lunghi, ma non ti ho mai visto stanco, con la voglia di buttare le carte al macero e “sai perché – mi dicevi – caro Carmelo”, perché è la mia innocenza che alimenta la forza di battermi.
La partita politica ormai l’ho persa, anzi, forse, l’ha persa l’Italia che è radicalmente cambiata a seguito delle dinamiche che hanno abbattuto i principali partiti di governo, ma la partita umana devo vincerla, perché è personalissima e riguarda la mia etica che va ben oltre il credo e l’ideologia politica.
E così è stato, per fortuna, caro Lillo. Hai superato gli esami che ti hanno messo a dura prova, conquistando, diceva papà, la tua terza laurea, quella che ti ha riconsegnato alla tua gente, pulito, colto, raffinato intellettuale ed oggi politologo, giurista e letterato. La tua forza stoica ti ha riconsegnato all’Italia, alla Repubblica Italiana come cittadino integerrimo.
La storia impiega sempre il suo tempo, tu per fortuna questa storia l’hai vista svoltare, anche se dopo tanto tempo, nella direzione della verità, nella direzione della “restitutio ad integrum”. Certo, è una modica consolazione, ma c’è chi, purtroppo, non ha potuto avere questo “privilegio”, se tale può essere considerato, dopo più di 25 anni di “sequestro” dalla vita pubblica.
La tua vicenda, come tante altre, oltre gli steccati dei colori politici, dovrebbe essere spiegata, raccontata, dibattuta. I poteri nobili dello Stato, devono rispettarsi, vivere in equilibrio, mai scontrarsi, affrontarsi, vendicarsi.
Il mio Prof di Storia e Filosofia, socialista e partigiano, pertiniano di ferro, ripeteva spesso, come i poteri di uno Stato sano e civile, sono paragonabili agli strumenti musicali di un’orchestra. Devono interagire in modo virtuoso, devono equilibrarsi ed “ascoltarsi” tra loro. Non può, concludeva, il contrabasso coprire il violino… Sarebbero scivolamenti pericolosi per la tenuta dello Stato democratico.
Poi, da antifascista fiero ribadiva: “l’avversario politico va superato con la forza della proposta, non con la forza… e basta“. Parole di straordinaria valenza educativa, che possono essere interpretate a più ampio raggio! In una democrazia modello, il rivale politico non dovrebbe essere un nemico bensì un avversario, e la differenza tra i due termini è abissale.
Auguri fervidi, caro Lillo, auguri da parte mia e… di papà. Con la stima di sempre, da domani, tornerò a darle del lei.
Carmelo Sgarito
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