Preso capomafia di Agrigento «Voleva rendersi irreperibile». Il professore fedelissimo di Matteo Messina Denaro.
Tre anni di libertà, scrive il GDS, erano bastati al sessantottenne Leo Sutera, di Sambuca di Sicilia, condannato definitivamente con l’accusa di essere il capo di Cosa Nostra agrigentina, per tornare al suo posto e, forse, per tentare di riavvicinarsi all’ultimo superlatitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. L’esperto boss, secondo quanto si apprende da alcune fonti giudiziarie, temeva una nuova condanna definitiva e, intercettato, avrebbe fatto intendere di volere cambiare aria e trasferirsi all’estero, forse in Ungheria.
Di questo sono convinti gli inquirenti. La polizia di Stato infatti, all’alba di ieri mattina, ha eseguito il fermo di indiziato di delitto a carico di Leo Sutera, anziano capomafia di Sambuca di Sicilia, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il provvedimento, eseguito dagli investigatori dello Sco e della Squadra mobile di Palermo e Agrigento, è stato emesso dalla Dda di Palermo e giunge a termine di una complessa attività d’indagine, supportata da numerosi servizi tecnici, che ha consentito di individuare in Sutera il capo di Cosa nostra agrigentina. Nonostante i lunghi periodi di detenzione, Sutera ha continuato a gestire affari del mandamento mafioso con il controllo, in particolare, delle attività edili della provincia di Agrigento. Il boss è da sempre considerato ai vertici dell’associazione mafiosa della provincia anche in forza dei personali rapporti, più volte documentati con i massimi esponenti di Cosa nostra delle province di Palermo e Trapani. In particolare, Sutera, detto il professore è ritenuto da sempre uno degli uomini di fiducia del latitante Messina Denaro al quale è legato da un’antica amicizia e ha intrattenuto, fino a pochi anni fa, contatti attraverso il sistema dei pizzini. Il provvedimento di fermo è stato emesso poiché è emerso il pericolo che il capomafia sambuchese potesse rendersi irreperibile.