Recuperate al largo dell’Isola di Lampedusa, in acque nazionali a 76 metri di profondità, la campana di bordo e la chiesuola della bussola del piroscafo postale “Egadi”, affondato nel 1941 a seguito di un bombardamento aereo degli inglesi.
Il recupero è stato effettuato dagli altofondalisti impegnati nella 14a campagna di indagini nell’ambito del progetto di documentazione dei relitti navali della “Battaglia dei Convogli del Mediterraneo della Seconda Guerra Mondiale”, condotto dalla Società per la Documentazione dei Siti Sommersi e dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
La campana, finemente lavorata in bronzo, ha un diametro di 30 cm, un peso di circa 25 kg e riporta a sbalzo il nome della nave, un fascio littorio e altre decorazioni. Al momento del recupero si presentava caduta dal suo supporto e poggiata sull’argano di prua, mentre la chiesuola della bussola, abbattuta sul fondo, era ricoperta da una rete da pesca a strascico del peso di alcuni quintali che i sub hanno rimosso. Entrambi gli oggetti erano stati individuati già nel 2020 durante le operazioni di ispezione e documentazione del relitto, svolte dai volontari della SDSS che ne hanno documentato anche lo stato.
“L’indagine della documentazione video-fotografica condotta dai nostri archeologi dell’Ufficio per i Relitti di Età Contemporanea coordinato da Claudio Di Franco – dice la Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, Valeria Li Vigni – considerato il valore storico degli oggetti ed il concreto rischio del loro trafugamento o danneggiamento, ha deciso il recupero dei due preziosi oggetti affidandolo agli stessi altofondalisti della SDSS. Quella con la Società per la Documentazione dei Siti Sommersi, iniziata nel 2006 è una collaborazione ormai consolidata grazie alla quale sono stati effettuate importanti attività di rilevazione e recupero”.
“Il recupero della campana del postale “Egadi” e le operazioni di identificazione effettuate dagli studiosi – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – ci restituiscono non solo una preziosa testimonianza documentale, ma anche la memoria di una pagina dolorosa della nostra storia. Dietro gli oggetti, infatti, c’è ancora il sangue di quelle vittime innocenti, la cui vita è stata stroncata da un’azione di guerra. A tutti loro dedico un pensiero e mi piacerebbe che, quando questi oggetti verranno esposti, una targa ne possa ricordare il nome affinché restino scolpiti nel cuore, onorando anche il gesto eroico di chi, come il direttore di macchina, in quella circostanza si rifiutò di abbandonare la nave per tentare il salvataggio”.
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