Paolo Sorrentino ritorna a Napoli a tre anni dalla “ mano di Dio” ma forse non se ne era mai allontanato. Quel treno che portava via il protagonista del film precedente sulle note di Pino Daniele torna indietro per scrutare ancora l’anima napoletana ma questa volta ne esce fuori un ritratto impietoso, spietato come le parole della diva invitata per essere celebrata che ripaga la platea con parole dure, piene di odio e di disprezzo sul popolo napoletano. E poi la cerimonia della fusione spregevole e sconcertante esattamente come quello che vuole rappresentare, il patto criminoso tra due famiglie malavitose, ed infine la figura luciferina del prelato che ci introduce nel mondo farlocco del miracolo del santo protettore. C’è tutto questo in “parthenope”, l’anima di una città che festeggia il suo terzo scudetto mentre la protagonista del film ( un’attempata Stefania Sandrelli e prima ancora una convincente Celeste Della Porta) ritorna in città dopo un esilio di quarant’anni trascorso in una rassicurante e distante sede e dopo aver svolto il ruolo di docente universitaria, mettendosi alle spalle un passato doloroso. Altro protagonista della pellicola e’ il mare ( “anche se Dio non ama il mare”) luogo fisico dove Parthenope viene messa al mondo e poi fantastico scenario (l’isola di Capri) dove avviene l’evento drammatico che condiziona il percorso della ragazza. Dopo questo fatto la donna cerchera’ la sua strada prima nello scabroso mondo del cinema ( accanto alla citata diva Luisa Ranieri troviamo l’ambigua press-agent Isabella Ferrari) e poi nella carriera universitaria sorretta da una guida finalmente positiva e convincente ( Silvio Orlando, straordinario docente universitario che cita come maggiore antropologo Billy Wilder e custodisce un triste segreto familiare). Ci troviamo di fronte ad un’opera eccessiva, imperfetta ma non possiamo che restare affascinati dal grande cinema di Sorrentino che azzarda, forte delle sue capacità e delle credenziali da Oscar, e mette in scena un film tecnicamente perfetto dalla fotografia alla scenografia, dalle citazioni cinefile ( De Sica nella scena del funerale e Visconti nel personaggio dello scrittore omosessuale che ricorda il Dirk Bogard di “ morte a Venezia”) alla descrizione della città sommersa. Ed infine la colonna sonora eterogenea dove emerge il Cocciante di “ era già tutto previsto” in una scena intensa ed emozionante, destinata ad essere trainante nell’ evoluzione dei fatti narrati.
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