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Home » evidenza » Operazione Tombaroli Demetra: ai domiciliari un campobellese e tre ravanusani

Operazione Tombaroli Demetra: ai domiciliari un campobellese e tre ravanusani

22 Luglio 2018
in evidenza
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CAMPOBELLO DI LICATA. Lasciano il carcere di Caltanissetta 4 dei 23 arrestati nell’operazione “Demetra”, condotta dai Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale che hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di beni archeologici.

Il tribunale del Riesame di Caltanissetta, presidente Catalano, consiglieri Amenta e Mastroieni, ha annullato la misura cautelare degli arresti in carcere per Francesco Giordano, 71 anni di Campobello di Licata, difeso di fiducia dall’avvocato Salvatore Manganello; Calogero Ninotta, 39 anni di Ravanusa, difeso dall’avvocato Manganello; Luigi “Angelo” Grifasi, 64 anni di Ravanusa, pure lui difeso dall’avvocato Manganello. Ed infine è stata annullata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Gaetano Romano, 58 anni di Ravanusa difeso dagli avvocati Manganello e Luigi Di Natali. Per tutti e quattro è stata applicata la misura degli arresti domiciliari, fino alla cessazione di esigenze cautelari. I pubblici ministeri sono Spina e Campagna.

L’indagine, iniziata nel 2014, si è sviluppata lungo due filoni. Il primo ha avuto come oggetto il sistematico saccheggio di terreni di interesse archeologico del nisseno e dell’agrigentino, i cui reperti erano destinati a collezionisti del Nord Italia consapevoli dell’origine illecita dei propri acquisti. Dalle campagne delle province di Agrigento e Caltanissetta, dove seppur con metodi rudimentali i trafficanti conducevano vere e proprie campagne di scavi clandestini, i reperti raggiungevano la Germania con gli stratagemmi più disparati: monete d’argento di epoca romana, per esempio, sono state ritrovate nel portafoglio di uno degli arrestati, mescolate ad altre di uso corrente. In Germania poi venivano dotati di falsi certificati di provenienza, inviati nel Regno Unito o immessi sul mercato attraverso case d’asta operanti a Monaco di Baviera. Da Londra, dove aveva sede il vertice dell’organizzazione, i proventi erano poi ridistribuiti con un ulteriore passaggio a Barcellona. Per incrementare le entrate erano state create anche due equipe di falsari con base nel nisseno e nel catanese, mentre altri rami della rete sono stati individuati in Puglia, Campania e Piemonte. Il filone di respiro internazionale, ha approfondito i collegamenti all’estero degli archeotrafficanti siciliani, arrivando a ricostruire l’intera filiera del crimine e a smantellare una complessa organizzazione guidata dal mercante d’arte londinese William Thomas Veres. Nel ravanusano, dove c’è l’acropoli del Monte Saraceno, secondo l’accusa, ci sarebbe stato un incessante ed intenso saccheggio di reperti.

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