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Home » Cronaca » Omicidio Palumbo Piccionello, Cassazione conferma : 30 anni ad Antonino Baio

Omicidio Palumbo Piccionello, Cassazione conferma : 30 anni ad Antonino Baio

9 Maggio 2017
in Cronaca
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baioIn Corte di Cassazione si è presentato con un super collegio difensivo: ai già noti e bravi avvocati Antonino Mormino e Giovanni Castronovo è stato nominato anche il prof. Franco Coppi. A pubblicare la notizia è stato Grandangolo di cui qui si riportano i contenuti dell’articolo:
Antonino Baio, 75 anni, si è giocato oggi, davanti la Suprema Corte, la sua ultima carta. Ma è servita a poco: la condanna a 30 anni per omicidio rimediata in primo e secondo grado è stata confermata. Adesso Baio è ufficialmente “catturabile”. Inevitabile sul suo conto l’imminente provvedimento di cattura.
La vicenda processuale legata all’omicidio di Calogero Palumbo Piccionello,67 anni, ras delle sale giochi in provincia di Agrigento, assassinato proprio da Baio, a colpi d’arma da fuoco pistola la sera del 28 Novembre del 2012 in via Napoli a Favara.
L’imputato confessò il delitto, si costituì ai carabinieri e attese da detenuto il suo destino.
Quest’ultimo oggi è libero dopo essere uscito dal carcere, nell’aprile del 2014, per scadenza dei termini.
La difesa ha sempre proposto il tema dell’infermità mentale: “Non si possono ignorare del tutto le testimonianze di parenti ed amici che descrivono le sue patologie psichiatriche e prendere, invece, per oro colato le conclusioni del perito del giudice di primo grado. Aveva un’ossessione, era il delirio di una persona con problemi psichici, non conosceva neppure il povero Palumbo Piccionello”.
Questa in sintesi la linea difensiva di Baio.
L’imputato aveva confessato il delitto originato da una banale storia di ripicche e false accuse che avevano indotto l’omicida a pensare di essere stato etichettato ed indicato in Prefettura con una lettera anonima come un usuraio dalla vittima. Un oltraggio che Baio ha lavato con il sangue.
Dal canto suo, il Procuratore generale della Cassazione aveva ribadito che la condanna andava confermata perché era chiara la colpevolezza dell’imputato.
E così è stato.

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