C’è anche un giovane di Canicattì tra le 26 persone arrestate, questa mattina, nell’ambito della maxi operazione della Dia, coordinata dalla Procura di Roma, che avrebbe fatto luce su una “locale” di ndrangheta operante nella capitale. Si tratta di un 22enne, accusato di trasferimento fraudolento di valori in concorso. In sostanza, secondo gli inquirenti, sarebbe stato un prestanome, la cosiddetta “testa di legno”, utilizzata da due esponenti del clan, al fine di eludere eventuali misure di prevenzione patrimoniale, intestandosi un bar a Roma. La misura è stata eseguita dal personale della Dia di Agrigento, guidata dal vicequestore Roberto Cilona.
In ventiquattro sono finiti in carcere mentre in due ai domiciliari. Coinvolta non solo la provincia di Roma, ma anche quelle di Cosenza e, appunto, di Agrigento. Secondo gli inquirenti la presunta associazione avrebbe messo le mani su diversi settori commerciali: da quello ittico alla panificazione, dalle pasticcerie al ritiro delle pelli e degli oli esausti.
Gli inquirenti contestano al giovane canicattinese, la cui posizione dovrà comunque essere approfondita, di essere uno dei meccanismi del cosiddetto “Sistema Alvaro”. Si tratta di una serie di intestazioni fittizie in grado di far girare un ingente quantitativo di denaro spostato da una società all’altra al fine di dare una giustificazione all’acquisto delle aziende.
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