Nel mandamento mafioso di Canicattì, la Stidda era tornata a riorganizzarsi, e a ricompattarsi attorno alle figure di due ergastolani riusciti a ottenere la semilibertà.
In particolare uno dei capimafia, Angelo Gallea, indicato come il mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, avrebbe sfruttato i premi, che in alcuni casi spettano anche ai condannati al carcere a vita, per tornare ad operare sul territorio e rivitalizzare la Stidda che sembrava ormai sconfitta.
I suoi fedelissimi stavano pianificando nuovi affari e anche due omicidi. Cosa Nostra poteva contare invece su un’avvocatessa di Canicattì, Angela Porcello: nel suo studio di via Rosario Livatino – scrivono i Pm della Dda -“organizzava summit di mafia e intanto continuava a fare uscire dal carcere i messaggi dei padrini rinchiusi al 41 bis”.
E’ emerso dall’inchiesta del Ros che oggi ha portato a 22 fermi. Destinatario del provvedimento di fermo anche Matteo Messina Denaro, ma il boss trapanese arresta latitante, ormai dal 1993.
In carcere sono finiti sei capi di Cosa Nostra agrigentina, che avevano rapporti con mafiosi di tutta la Sicilia, tre capi della rinata Stidda e altri nove mafiosi. Arrestati un ispettore della polizia penitenziaria, e un assistente capo della polizia di Stato, entrambi in servizio ad Agrigento, accusati di essere stati a disposizione dell’avvocata dei clan.
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