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Home » L’angolo di don Diego » La beatificazione del giudice Livatino: il rito nel nome di Wojtyla

La beatificazione del giudice Livatino: il rito nel nome di Wojtyla

Diego Acquisto Di Diego Acquisto
8 Maggio 2021
in L’angolo di don Diego
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Ad Agrigento fervono i preparativi e quasi tutto è pronto, mentre ancora in queste ore si lavora febbrilmente per la storica solenne cerimonia che per la beatificazione di un figlio di questa nostra terra agrigentina, il canicattinese  Rosario Angelo Livatino, si svolgerà  domani  nella Cattedrale. Davanti alla quale, nella grande piazza intitolata a don Minzoni –  (1885-1923 prete-martire dell’antifascismo, perché molto vicino alle posizioni cristiano-sociali del partito popolare) – già da qualche giorno stazionano diversi  grandi automezzi di RAI-1. Che domani trasmetterà in diretta,  tutta la funzione religiosa  della solenne concelebrazione presieduta per un mandato speciale di Papa Francesco, dal card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi,   a cui parteciperanno tutti i  Vescovi della 20 diocesi di Sicilia, un gruppo scelto di fedeli e di sacerdoti, limitato per le norme della situazione pandemica.

Una trasmissione televisiva che si prevede  molto seguita, non solo nell’agrigentino, ma in tutta Italia e sicuramente non solo!  anche per la novità di un giudice che raggiunge ufficialmente la “gloria degli altari”.

Ma al di là di tutto questo, con i particolari accorgimenti che le massime autorità presenti alla cerimonia stanno predisponendo anche in queste ultime ore, per  assicurare, così come nelle nostre migliori tradizioni, il migliore e più perfetto   svolgimento dello storico evento, l’interrogativo che la coscienza  agrigentina si pone è quello che poniamo nel titolo. La cui risposta certamente a tutti fa dire che certamente  non basta, Non basta cioè   solo tutto questo per onorare la memoria del nuovo beato.

Il Quale per la sua coerenza tra fede professata e pratica concreta del dovere nell’amministrare la giustizia, senza piegarsi a compromessi di sorta,  è rimasto vittima della prepotente  logica mafiosa.

Ecco perché nella preghiera  che la Curia agrigentina ha preparato ed invitato a recitare in queste ultime settimane di preparazione in ogni assemblea ecclesiale, nella parte conclusiva si dice che il giovane giudice Livatino “illuminato dallo Spirito Santo, con impegno quotidiano, ha offerto il culto gradito al Signore, attraverso l’amore per la giustizia e la carità per i fratelli”.

Non solo !  dobbiamo chiedere di sapere contrastare “Per sua intercessione” “le strutture di peccato” e le varie mentalità mafiose che deturpano l’uomo e minacciano la vita umana, per vivere la beatitudine della giustizia e della pace”.

E Dio sa quanto queste strutture siano purtroppo ancora subdolamente radicate in Italia e nel mondo, e sicuramente non solo in  questa nostra terra siciliana ed agrigentina.

La ultime parole della preghiera   fanno eco a quelle pronunciate il 9 maggio 1993 nella valle dei Templi da S. Giovanni Paolo II, quando, sotto il tempio della Concordia diceva, che questa terra agrigentina ha il diritto di vivere in pace, invitando alla conversione quanti si sono lasciati irretire  dalla logica mafiosa perché un giorno ci sarà il giudizio di Dio.

Giovanni Paolo II, pensava anche al magistrato, che definì «martire della giustizia e indirettamente della fede», quando da Agrigento il 9 maggio del 1993, aggrappato al Crocifisso, lanciò il suo grido di pastore e profeta, in un contesto dilaniato dalle stragi e dalle faide di mafia e caratterizzato da posizioni ancora troppo timide da parte delle istituzioni, Chiesa compresa. Poco prima Wojtyla, il Papa Santo, aveva incontrato i familiari del giudice Antonino Saetta, ucciso con il figlio Stefano nel 1988, e il papà e la mamma di Livatino.

Diego Acquisto

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