Caccia alle responsabilità della nuova emergenza in arrivo
Acque agitate, Agrigento esplode: accuse incrociate, fondi promessi e mai arrivati, cittadini ostaggio di un sistema al collasso
La crisi idrica che sta travolgendo la provincia di Agrigento non è più un’emergenza, ma il sintomo evidente di un sistema regionale al capolinea. Tutto esplode nelle stesse ore in cui Siciliacque annuncia una riduzione dell’erogazione fino al 50–75%, minaccia che rischia di lasciare 400 mila cittadini senza un bene essenziale come l’acqua. Una decisione definita “inaccettabile” da forze politiche, sindaci e movimenti civici, che ora chiedono conto alla Regione Siciliana e, soprattutto, al presidente Renato Schifani.
Catanzaro (PD): “Tagliare l’acqua è impensabile. La Regione trovi subito una soluzione concreta”
Il primo affondo arriva dal deputato regionale del Partito Democratico, Michele Catanzaro, che parla di “scelta impensabile” e punta il dito contro l’inerzia del governo regionale.
Catanzaro ricorda che la gestione idrica, già compromessa da condotte obsolete e reti colabrodo, non può essere ulteriormente aggravata da provvedimenti che colpiscono i cittadini:
«Non sono bastate le ingenti risorse destinate al dissalatore, che non si è rivelato la soluzione a tutti i problemi. Al netto delle inadempienze dei Comuni e delle esigenze finanziarie della società creditrice, la prima cosa è garantire i diritti delle comunità. È impensabile ridurre improvvisamente la fornitura del 50%.»
Il parlamentare dem accusa il governo regionale di non aver messo in campo strategie efficaci contro una crisi che dura da anni, e chiede interventi immediati e di medio periodo per restituire ad AICA una gestione pubblica stabile e in grado di garantire un servizio essenziale.
L’Assemblea dei Sindaci di AICA: “Mai chiesti fondi perduti. La Regione renda operativi i 20 milioni promessi”
Decisi anche i toni dei sindaci dei Comuni soci di AICA, che respingono al mittente le ricostruzioni di Palazzo d’Orléans. Nessuno, spiegano, ha mai chiesto contributi a fondo perduto: ciò che è stato richiesto – e mai arrivato – è il fondo di rotazione da 20 milioni annunciato dallo stesso Schifani ad agosto come soluzione tecnica per sbloccare la transazione con Siciliacque.
Un fondo definito allora “imminente”, ma mai formalizzato. Ora i sindaci chiedono che venga reso operativo, perché senza quell’anticipo non sarà possibile chiudere l’accordo e scongiurare i tagli idrici.
Parallelamente, gli onorevoli dell’ARS agrigentina hanno presentato un emendamento da 40 milioni per il risanamento delle reti idriche provinciali, misura strutturale considerata indispensabile per fermare dispersioni che superano il 60% dell’acqua immessa in rete.
I sindaci ricordano inoltre che la Regione detiene il 25% di Siciliacque e nomina tre membri del Consiglio di amministrazione: “Non può chiamarsi fuori da una situazione che coinvolge direttamente i suoi rappresentanti.”
E si dicono pronti, tutti insieme, a incontrare Schifani “anche domani”.
AVS–Sinistra Italiana: “Sistema malgovernato. Serve un tavolo urgente”
Durissimo il giudizio di Pasquale Cucchiara, segretario provinciale AVS – Sinistra Italiana, che parla di un sistema “malgovernato, opaco, costruito sulla sudditanza al privato e sulla frammentazione”.
Cucchiara denuncia una gestione regionale incapace di prevenire il collasso e punta il dito anche contro alcuni Comuni che non hanno ancora versato il prestito ad AICA, aggravando la crisi finanziaria interna.
Per la sinistra serve un tavolo immediato con Prefettura, Regione, Siciliacque e AICA, affinché la verità su debiti e responsabilità venga messa nero su bianco: “Non possono pagare famiglie, lavoratori e agricoltori.”
Il Circolo PD di Agrigento: “Scaricabarile vergognoso. Schifani aveva promesso soluzioni miracolose”
Duro anche il comunicato del Circolo PD di Agrigento, che accusa Regione, Siciliacque e ATI di un “inaccettabile scaricabarile sulla pelle degli agrigentini”.
I dem ricordano che lo stesso presidente Schifani, pochi mesi fa, aveva stanziato 100 milioni per tre dissalatori mobili annunciati come la soluzione definitiva ai problemi idrici della città: promesse che, alla prova dei fatti, non hanno evitato la nuova emergenza.
Attacco anche al silenzio del Comune capoluogo: “Ci si chiede se sindaco, giunta e consiglio abbiano compreso la gravità della situazione.”
L’Area Progressista: “Siamo davanti a un crimine contro l’umanità”
Il giudizio più estremo arriva dall’Area Progressista provinciale.
Il portavoce, Nuccio Dispenza, parla senza mezzi termini di “crimine contro l’umanità”, citando il diritto universale all’acqua.
Secondo l’Area Progressista, è in atto un “ricatto istituzionale sistematico, fondato su sprechi, opacità e giochi di potere che tengono sotto scacco intere comunità”.
E annuncia che le prossime tornate elettorali saranno il momento per “azzerare la filiera della governance responsabile di questo disastro”.
Una provincia stremata, un sistema al collasso
Tra promesse non mantenute, fondi mai formalizzati, investimenti incompleti, perdite di rete fuori controllo e una governance regionale al centro della tempesta, la crisi idrica agrigentina è arrivata al punto di rottura.
Le forze politiche sono tutte d’accordo su una cosa: a pagare non possono essere i cittadini, che già sostengono bollette altissime e ora rischiano di vivere settimane di razionamento estremo.
La risposta della Regione, però, ancora non arriva.
E ad Agrigento, l’acqua — bene primario, bene comune — torna a essere simbolo di una battaglia che la politica non può più permettersi di rimandare.
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