A guidare il piano criminale erano i tombaroli di Paterno’ e Lentini, che, armati di metal detector, hanno sondato i siti archeologici e avviato ben 76 scavi. Tutto cio’ fin quando il Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento non si e’ rivolta ai carabinieri segnalando loro il saccheggio del sito archeologico di Eraclea Minoa, a Cattolica Eraclea. L’inchiesta, partita nel 2021, si e’ poi sviluppata anche sul piano internazionale con perquisizioni e sequestri eseguiti in Germania: i reperti sono stati tracciati fino alla loro vendita in case d’aste straniere. Questo emerge dalle carte delle inchieste “gemelle” che hanno portato all’emissione di 56 misure cautelari su un vasto traffico di reperti archeologici trafugati in siti siciliani e calabresi.
Nel codice dei tombaroli i reperti erano “asparagi” o “finocchi” o “caffe'” da cedere al mercato clandestino internazionale gestito dalle archeomafie ma per l’umanita’ costituiscono un patrimonio storico e culturale di inestimabile valore. L’indagine, che per il versante siciliano ha riguardato 45 persone (delle quali 9 con ordinanza di custodia in carcere e 14 ai domiciliari) e 11 persone per quello calabrese (due in carcere e 9 ai domiciliari) – ha toccato anche Roma, Firenze, Ravenna, Ferrara, fino a estendersi in Regno Unito e in Germania.
Il saccheggio degli scavi era organizzato in modo sistematico da bande catanesi e siracusane, che avevano individuato siti archeologici grande importanza in Sicilia e in Calabria, e collaborato con la ‘Ndragheta nel loro sfruttamento: sono saltati fuori, gia’ in una prima fase dell’indagine Ghenos, diecimila reperti archeologici, di cui circa settemila monete antiche riconducibili a diverse tipologie di conio raro, di epoca greca emesse nei territori della Magna Grecia e della Sicilia: vi sono esempi rarissimi di emissioni di monete in bronzo di eccezionale importanza storico-culturale appartenenti alle zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela.
Un altro gruppo di monete bronzee provengono da produzioni minori della cuspide nord-orientale dell’isola, quali Calactae, Alaesa Archonidea, Alontion e Tyndaris, quasi tutte in eccellente stato di conservazione. Alcune emissioni sono state ritenute da esperti numismatici di elevato interesse storico e scientifico per la loro rarita’. E ancora: monete pertinenti a zecche magnogreche e siceliote, la cui cronologia si estende dalla meta’ del V sec. a.C., con un’emissione in bronzo di forma piramidale di Akragas: si tratta della piu’ antica produzione numismatica della citta’, fino all’avanzata eta’ ellenistica, periodo al quale appartengono bronzi reggini e della Sicilia orientale (Menaion, Alaisa Archonidea, Kalacte e Mamertini).
In Sicilia occidentale era stato trafugato un raro esempio di moneta bronzea della zecca di Alykiai e due della zecca di Iaitas (Monte Jato), e ancora alcune rarissime frazioni numismatiche originarie della zecca di Ziz-Panormos, nonche’ altre rare litre della nota area archeologica di Morgantina ed Herbessos. I reperti finivano spesso all’estero: tre persone furono bloccate a Dusseldorf e vennero sequestrate numerose monete. C’erano anche i reperti falsi: nel Catanese una sorta di zecca clandestina produceva falsi manufatti archeologici in ceramica e altrettante monete antiche.
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