Un volume d’affari che si aggirava sui 100 milioni di euro attraverso le agenzie dislocate fra Sicilia e Campania. Il tutto per finanziare le famiglie mafiose, che avevano comprato dallo Stato tre concessioni per il gioco e le scommesse, e altre due le acquisite da aziende del settore.
Questo emerge dall’ultima indagine del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, coordinata dalla Dda. Stamattina, un blitz ha portato in carcere l’insospettabile manager che per conto di Cosa nostra ha partecipato ai bandi dell’agenzia dei Monopoli, sin dal 2007: il palermitano Salvatore Rubino, il boss di “Palermo centro” Francesco Paolo Maniscalco, il referente delle cosche per il settore delle scommesse.
Ogni clan investiva una quota nell’affare. Nei guai altri due insospettabili imprenditori: Vincenzo Fiore, di Palermo, e Christian Tortora, di Battipaglia (Salerno). In manette pure un boss rampante del clan di Pagliarelli, Salvatore Sorrentino. Ai domiciliari, Giuseppe Rubino (il padre di Salvatore), Antonino Maniscalco e Girolamo Di Marzo.
Agli imprenditori Elio e Maurizio Camilleri, che sono stati in società con Rubino, è stato notificato il divieto di dimora a Palermo.
Sequestrate cinque società che hanno gestito le concessioni: la “Bet for Bet srl” di Palermo, la “Tierre games srl” di Roma, la “Gierre games srl” di Bellizzi, provincia Salerno, la “Gaming managment group srl” di Milano, la “Lasa giochi srl” di Palermo, la “Villageintralot srls” di Palermo e le ditte individuali “Accardi Fabrizio” e “Massaro Antonio” di Palermo, che gestiscono tre centri scommesse. Sequestro anche per nove agenzie scommesse che fanno capo agli indagati.
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