Un “corto circuito” di valutazione ha riguardato Fabrizio Messina, accusato di essere ancora l’indiscusso capo della mafia di Porto Empedocle. Nonostante le indagini della DDA di Palermo, che dal dicembre 2021 fino a ieri hanno monitorato le attività del clan, un altro giudice ha ritenuto che Messina non fosse più un pericolo. Nel gennaio 2023, il giudice di sorveglianza di Agrigento ha deciso di revocargli la libertà vigilata, motivando la decisione con il fatto che Messina non fosse più “operativo”. Sebbene non avesse mai formalmente rinnegato il suo passato mafioso, il magistrato ha sostenuto che Messina, durante quel periodo, si fosse dedicato al volontariato e avesse aiutato il fratello con l’attività di vendita di prodotti ittici. Per il giudice, la sua “pericolosità sociale” era terminata.
Tuttavia, mentre il giudice di sorveglianza prendeva una decisione di questo tipo, la DDA continuava a seguire le tracce di Messina, rivelando un quadro tutt’altro che rassicurante. Messina è una vecchia conoscenza degli inquirenti, avendo già scontato 4 anni di carcere al 41 bis dopo essere stato coinvolto nell’operazione antimafia “Cupola”. Nonostante le sue passate condanne per reati mafiosi, Messina ha sempre avuto il controllo sul clan di Porto Empedocle, una famiglia con radici profonde nella tradizione mafiosa dell’isola.
Il suo passato è segnato da un errore giudiziario: fu accusato ingiustamente dell’omicidio di Giuseppe Monterosso in provincia di Varese. L’inchiesta poi rivelò che Messina non aveva avuto alcun ruolo in quel delitto, portando a un risarcimento di 4.230 euro per il periodo in cui fu detenuto ingiustamente. Nonostante ciò, le indagini non hanno mai avuto dubbi sulla sua appartenenza a Cosa Nostra, e Messina è considerato uno dei leader di spicco della famiglia mafiosa di Porto Empedocle.
La famiglia Messina, una delle più potenti e storiche dell’isola, ha visto molti dei suoi membri coinvolti in attività criminali. Il padre di Fabrizio, Giuseppe, e lo zio Antonio furono uccisi nel 1986 durante la guerra tra Cosa Nostra e Stidda, ma Fabrizio e suo fratello Valentino furono risparmiati dai killer, che li lasciarono illesi. I fratelli Messina hanno avuto guai con la giustizia: Salvatore, il maggiore, è stato condannato all’ergastolo per omicidi e tentati omicidi. Durante un permesso, quando poté tornare a casa, fu accolto da numerosi sostenitori, nonostante fosse scortato dalla polizia penitenziaria. Gli altri fratelli Gianni e Valentino sono stati arrestati, ma poi assolti, in operazioni contro i clan agrigentini.
Il più noto di tutti, però, è stato Gerlandino Messina, ex superlatitante e capo della famiglia agrigentina. Dopo una lunga fuga, fu arrestato nel 2010 in un blitz dei carabinieri del Ros a Favara. Gerlandino ha scontato l’ergastolo per associazione mafiosa e diversi omicidi, tra cui quelli del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli e del sovrintendente di polizia penitenziaria Pasquale Di Lorenzo. È stato anche il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, uno dei casi più drammatici della storia della mafia siciliana.
La famiglia Messina, inoltre, ha legami con Josef Focoso, un killer arrestato in Germania nel 2005, e con Pasquale Salemi, il primo collaboratore di giustizia della provincia di Agrigento.
La vicenda di Fabrizio Messina, purtroppo, è solo un esempio di come le famiglie mafiose in Sicilia riescano a mantenere il controllo e l’influenza anche quando sembrano essere state abbattute dalle forze dell’ordine, grazie alla protezione di alleanze interne e alla capacità di infiltrarsi nelle istituzioni e nel tessuto sociale.
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