Il carabiniere accusato di essere la “talpa” nega ogni addebito. Intanto gli inquirenti passano al setaccio i rapporti tra il leader Dc, Carmelo Pace e gli ambienti della sanità regionale
PALERMO – “Non ho mai rivelato indagini a Totò Cuffaro”. È quanto ha dichiarato al pubblico ministero Stefano Palminteri, il tenente colonnello dei carabinieri accusato di essere la “talpa” che avrebbe informato l’ex presidente della Regione di accertamenti in corso su appalti e sanità.
Un interrogatorio fiume, durato diverse ore, durante il quale l’ufficiale ha respinto ogni addebito, sostenendo di non aver mai avuto “rapporti impropri” con Cuffaro e di essersi limitato a “colloqui occasionali e di cortesia”.
Secondo gli atti dell’inchiesta, però, le immagini delle telecamere di sorveglianza di via Streva, a Palermo, mostrano un incontro avvenuto il 15 marzo 2024 tra Cuffaro e Palminteri. Quest’ultimo, con una borsa di colore marrone, si avvicina all’ex governatore, resta con lui alcuni minuti e poi si allontana. È proprio quella borsa – di cui non si conosce il contenuto – a rappresentare uno dei punti chiave dell’indagine.
Gli inquirenti sospettano che in quella circostanza siano state trasmesse informazioni riservate riguardanti le attività investigative sui consorzi di bonifica e sugli appalti sanitari. Palminteri, assistito dal suo legale, ha negato ogni accusa:
“Non ho consegnato documenti, né riferito alcunché di coperto da segreto d’ufficio. Le immagini vanno contestualizzate, non c’è alcuna prova di un passaggio illecito”.
Ma i pm sottolineano che, nei giorni successivi a quell’incontro, Cuffaro e Carmelo Pace si sarebbero parlati al telefono commentando proprio l’esistenza di controlli e intercettazioni in corso:
“A te ti ha detto di stare attento a me, a me ha detto di stare attento a te”, dice Cuffaro in una delle conversazioni captate, confermando – secondo l’accusa – la piena consapevolezza dell’indagine e il timore di essere spiati.
Dopo Palminteri, saranno ascoltati nei prossimi giorni Cuffaro, Carmelo Pace, l’assessora Nuccia Albano e altri indagati.
L’inchiesta, che ipotizza reati di corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto d’ufficio, mira a ricostruire una rete di influenza politica e amministrativa che avrebbe condizionato nomine e gare pubbliche in sanità. Un fascicolo destinato a scuotere ancora la politica siciliana, con l’ombra di una borsa misteriosa e di un governo sempre più fragile.
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