CAMPOBELLO DI LICATA. Il cugino del boss Giuseppe Falsone, ex capo provinciale di Cosa nostra agrigentina, condannato in Appello a 12 anni di carcere perché ritenuto il reggente della cosca mafiosa di Campobello di Licata, aveva chiesto al tribunale della Libertà tramite i suoi legali, Angela Porcello e Giovanni Castronovo, l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Ma i giudici del “Riesame” hanno rigettato la richiesta dei difensori, con riserva delle motivazioni. I legali di Middioni hanno deciso di ricorrere in Cassazione, per chiedere l’annullamento della misura ma dovranno attendere le motivazioni del Riesame. Middioni, 44 anni, si trova in carcere dallo scorso 18 giugno, da quando cioè, la Corte d’appello di Palermo – ribaltando la sentenza di assoluzione di primo grado – lo aveva condannato a 12 anni di reclusione.
Alla lettura del dispositivo i carabinieri della stazione di Campobello di Licata e quelli del reparto Operativo del comando provinciale di Agrigento lo hanno arrestato e portato alla casa circondariale di contrada Petrusa ad Agrigento dove è attualmente recluso. L’uomo è accusato dai collaboratori di giustizia Maurizio Di Gati e Giuseppe Sardino e dopo essere stato assolto in primo grado era stato condannato in Appello perché sarebbe stato un affiliato alla “famiglia” mafiosa di Campobello, anche senza ruoli direttivi.
La pena inflitta è leggermente inferiore a quella proposta al termine della requisitoria dal sostituto procuratore generale di Palermo, Giuseppe Fici, che aveva proposto la condanna a 15 anni di reclusione. Secondo il magistrato che ha rappresentato l’accusa in entrambi i gradi di giudizio (negli anni scorsi, infatti, era in servizio alla Dda di Palermo) Middioni, dal 2004 al 2013, avrebbe diretto la cosca del paese.
I giudici, comunque, sembrano avere escluso il suo ruolo direttivo anche se bisognerà conoscere le motivazioni per avere il quadro più chiaro. Middioni, il 3 dicembre del 2015, era stato assolto in primo grado dai giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Giuseppe Melisenda Giambertoni. Il Pm Giuseppe Fici aveva chiesto la condanna a 15 anni di reclusione.
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