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Home » Cronaca » Attività mafiosa in provincia di Agrigento: nuovi scenari e alleanze nella relazione della Dia

Attività mafiosa in provincia di Agrigento: nuovi scenari e alleanze nella relazione della Dia

18 Giugno 2024
in Cronaca, dalla provincia, Mafia, Top
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“Oggi registriamo la nuova presenza di esponenti della vecchia organizzazione criminale e di nuovi soggetti che si avvicinano al fenomeno stiddaro per ricostruire un’organizzazione in qualche modo dialogante con Cosa nostra, che strutturata in mandamenti e famiglie, è ancora priva di una struttura di vertice”. E’ stata pubblicata la relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia nel primo semestre del 2023. La relazione, comprensiva dell’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso, per la provincia di Agrigento, parla di una “zona” permeabile anche all’influenza della Stidda, che è riuscita con gli anni a elevare la propria statura criminale, fino a stabilire con le famiglie di Cosa Nostra patti di reciproca convenienza.

In tale contesto criminale, inoltre, risulterebbero attivi anche alcuni gruppi organizzati su base familiare, quali le famigghiedde a Favara e i paracchi a Palma di Montechiaro, che, operano autonomamente rispetto a Cosa nostra e alle consorterie stiddare.  Nell’ambito della criminalità mafiosa contrasti potrebbero derivare dal ritorno in libertà di anziani e carismatici uomini d’onore pronti a ripristinare il loro vecchio potere.

Cosa nostra Agrigentina è basata sulla storica suddivisione dei mandamenti: Agrigento, Burgio, Santa Margherita di Belìce, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro. Sette mandamenti nel cui ambito operano 42 famiglie ancorate alle tradizionali regole mafiose, che continuano a rivestire un ruolo di supremazia sul territorio, in connessione con le omologhe articolazioni mafiose Catanesi, Nissene, Palermitane, Trapanesi e di Oltreoceano. E’ stato documentato, infatti, dagli esiti dell’operazione “Xydy”, l’incontro a Favara tra uomini d’onore siciliani e alcuni soggetti ritenuti appartenere alla famiglia mafiosa dei Gambino di New York, i quali avevano proposto agli omologhi siciliani “…l’attivazione di una lucrosa ed articolata sinergia criminale transnazionale”.

Assunto questo confermato, oltre che da pregresse attività investigative dagli esiti dell’operazione “Xydy” incentrata sul mandamento di Canicattì, dalla quale sono emersi “…continui e strettissimi…” contatti tra alcuni esponenti di quel mandamento con sodali di altre province siciliane, finalizzati alla organizzazione e alla gestione di lucrosi affari. Nel tempo si sarebbe evidenziata inoltre una sorta di “emigrazione criminale” agrigentina verso l’Europa (Paesi del nord Europa, con particolare riguardo a Germania e Belgio) e verso il continente americano e canadese, con la tendenza di ricostruire in territorio straniero aggregati delinquenziali che mantengono legami con quelli locali.

Al riguardo il 17 marzo 2023 a Montreal (Canada), è stato ferito un esponente di vertice del clan Rizzuto, i cui componenti risulterebbero originari della provincia di Agrigento, evento che potrebbe essere sintomatico di una faida tesa al controllo degli interessi economici in quello Stato.

Nel periodo in esame si sono registrate diverse attività di Polizia giudiziaria inerenti il traffico di stupefacenti ed eventi estorsivi. Al riguardo, nei comuni dell’agrigentino (Palma di Montechiaro, Favara, Canicattì, Ravanusa e Licata), l’11 gennaio 2023 i Carabinieri, nell’ambito dell’operazione “Condor”, hanno disarticolato un’associazione di tipo mafioso dedita alle estorsioni e al traffico di droga. L’indagine ha consentito di evidenziare lo stretto legame tra Cosa nostra e Stidda.

Le attività, che hanno visto il coinvolgimento anche di soggetti gravitanti in territori di “competenza” del mandamento di Agrigento, hanno ricostruito il tentativo di cosa nostra di Palma di Montechiaro di espandere il proprio potere mafioso anche su altri territori nel settore agro-alimentare. Nel settore della cosiddetta “sensalia” della commercializzazione di uva (nel caso di specie uva da mosto), individuandone anche i sensali”, e di fronteggiare l’espansione di un gruppo criminale di matrice stiddara che, approfittando delle incessanti attività investigative che avevano portato alla condanna di numerosi appartenenti a Cosa nostra, si era mosso fino a quel momento sottotraccia implementando i propri ranghi ed estendendo le proprie attività criminali.

L’indagine, che ha tra l’altro disvelato la capacità dell’organizzazione di assumere il controllo del settore delle slot machines e degli apparecchi da gioco, ha evidenziato solidi rapporti tra il vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro e la ‘ndrina di Platì (Reggio Calabria), consentendo inoltre di documentare l’esistenza di una associazione dedita al traffico di stupefacenti operante nei territori di Palma di Montechiaro, Licata e Palermo e diretta da un soggetto appartenente alla Stidda. Infine, è emerso che parte degli importi scaturiti dalla “messa a posto” venivano distribuiti alle famiglie dei detenuti.

Le investigazioni poste in essere nel semestre, hanno confermato l’interesse di Cosa nostra agrigentina al settore degli appalti e dei pubblici servizi. Le risultanze investigative nell’indagine “Condor” dei carabinieri di Agrigento hanno evidenziato, la regola vigente in tali contesti mafiosi: quella secondo cui gli imprenditori che intendono effettuare lavori pubblici “fuori sede”, chiederebbero, alle locali organizzazioni criminali, il permesso a effettuare i lavori dietro il corrispettivo di una somma da pagare a titolo di “pizzo per la messa a posto.

Inoltre, nel periodo attenzionato si sono registrati eventi di presumibile natura intimidatoria ai danni di un dipendente del Comune di Palma di Montechiaro, del dirigente del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e del segretario scolastico, già assessore ai servizi sociali per il comune di Lucca Sicula, nonché episodi di violenza.

Sul fronte della prevenzione amministrativa è stata sviluppata una considerevole sinergia istituzionale che ha permesso al Prefetto di Agrigento di emettere nel primo semestre dell’anno scorso 8 provvedimenti antimafia interdittivi nei confronti di altrettante imprese. Nello specifico: quattro provvedimenti di dinieghi alla richiesta di permanere nell’elenco dei fornitori, prestatori ed esecutori di lavori, nei confronti di società operanti nel settore edile e del movimento terra; due informative antimafia interdittive ex art. 91 del codice antimafia nei confronti di due imprese individuali e due comunicazioni antimafia interdittive ex art. 87 del codice antimafia.

Infine, nel corso del tempo sul territorio della provincia agrigentina è stata riscontrata, altresì, la presenza di sodalizi stranieri, perlopiù maghrebini, egiziani e rumeni, “tollerati” dalla mafia in quanto dediti a illeciti non di diretto interesse mafioso quali il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il riciclaggio di materiale ferroso, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio al dettaglio di stupefacenti.

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Tags: agrigentodiamafiaprovinciarelazione
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