Ad un anno di distanza dal Referendum Costituzionale
Di Diego Acquisto
L’anno scorso proprio come oggi, gli italiani, dopo essere andati tardi a letto per conoscere i risultati del Referendum istituzionale, in stragrande maggioranza iniziavano la giornata con animo sollevato, quasi che si fosse scampato un vero e proprio pericoloso disastro. Quello di stravolgere la Carta Costituzionale nata dalla Resistenza, con cui uomini di grande valore, tra cui un illustre favarese come Gaspare Ambrosini, dopo la ventennale esperienza mussoliniana, avevano voluto chiudere definitivamente un’epoca ed impedire ogni tentativo autoritario, di qualunque colore.
La soddisfazione ed il sollievo erano palpabili, anche in considerazione del risultato che vedeva l’Italia da Nord a Sud unita nell’attaccamento a quella Costituzione costata lacrime e sangue. Il tentativo di stravolgerla veniva plasticamente richiamato nel paragone della “Camicia di forza su pentola a pressione”. Una battuta indovinata con cui si voleva sinteticamente fotografare la situazione politica italiana, fornendo una chiave di lettura del risultato della consultazione referendaria su quella riforma, voluta da Matteo Renzi.
Adesso ad appena un anno di distanza tutto sembra dimenticato. Anzi sembra che di anni ne siano passato molto di più, perché l’attenzione è adesso unicamente concentrata sulla cruda realtà che impietosamente è stata fotografata dal 51° Rapporto del Censis, pubblicato qualche giorno fa.
Un’Italia in sofferenza con il il “mal di futuro”, divisa tra “coccole di massa”, perché bombardata da strabilianti illusorie promesse, e “rancore”, che si manifesta anzitutto con il distacco dei cittadini dalle istituzioni e dalla politica. E quindi crescente astensionismo come forma di protesta soprattutto da parte dei giovani, con rabbia per le diseguaglianze sociali che hanno raggiunto come non mai livelli intollerabili. A cui però non si è voluto provvedere ed adesso non si può più, in quest’ultimo scorcio di legislatura, mentre affiorano ancora altri scandali finanziari e conseguenti aspre polemiche con reciproche accuse.
In questo quadro poco confortante l’urgenza di considerare davvero cruciale il problema-lavoro nella preparazione dei programmi per le prossime elezioni politiche, se si mira davvero al bene del paese Italia. Cosa che ancora nessuno fa davvero in maniera credibile e concreta.
La data di oggi, richiamando alla nostra memoria il risultato straordinario del Referendum qualcosa forse potrebbe suggerirla, mentre ci dobbiamo preparare alle elezioni politiche della prossima primavera con una legge, il Rosatellum che anch’essa a molti appare come una camicia di forza per limitare la sovranità popolare ed impedire che ci sia solo una forza politica al Governo del Paese.
Il risultato dello scorso anno, valutato nei dettagli proprio come oggi 5 dicembre, ci ha mostrato un’Italia omogeneamente unita sul NO. Una prevalenza del NO al Nord, al Centro ed al Sud d’Italia, isole comprese.
Prevalenza con punte di NO che spesso, in non poche città capoluogo, di provincia o di regione, hanno superato talvolta anche largamente il 60 per cento, sino magari a superare addirittura il 70, come a Palermo o nella nostra Agrigento dove si è andato anche oltre.
Chissà se andando avanti si possa almeno in qualche modo ritrovare questa unità e premiare unicamente quella o quelle forze, che al di sopra di tutto nel loro programma offrono credibilità nel volere prioritariamente mettere al centro il problema-lavoro, sui cui è fondata la nostra Repubblica.
Diego Acquisto
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