La morte di Marianna Bello, la 38enne di Favara travolta e inghiottita dalla furia dell’acqua il 1° ottobre, è ora al centro delle attenzioni della Procura di Agrigento.
Manca ancora l’ufficialità, ma secondo fonti vicine agli ambienti giudiziari il procuratore Giovanni Di Leo avrebbe già disposto i primi approfondimenti per accertare eventuali responsabilità, con un fascicolo che si profilerebbe per omicidio colposo.
Le indagini, affidate ai carabinieri, sono coordinate dal sostituto procuratore Gaspare Bentivegna, presente sul luogo del ritrovamento del corpo — lungo il corso del fiume Naro, a Cannatello — domenica mattina.
L’inchiesta ruota attorno a diversi punti chiave:
le grate del collettore che sarebbero state rimosse, il piano di protezione civile, l’allerta meteo gialla diramata dalla Regione Siciliana nel giorno del nubifragio, e la manutenzione del sistema di drenaggio che da anni convoglia l’acqua piovana in quella zona.
«Crediamo sia fondamentale trovare i responsabili di tutto ciò – ha dichiarato il legale della famiglia Bello-Salamone –. Bisogna capire se ci sono eventuali responsabilità all’interno della Protezione civile regionale, che il giorno della tragedia aveva diramato solo l’allerta gialla, e se il convogliatore sia stato manutenuto correttamente negli anni».
Nel giorno dell’addio, Favara si è fermata.
Una folla immensa ha gremito la Chiesa Madre per i funerali di Marianna, celebrati dall’arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano, visibilmente commosso. Nell’omelia, il presule ha pronunciato parole che hanno colpito tutti:
«Dio non l’ha lasciata sola un solo istante», ha detto, ricordando la giovane madre con una delicatezza che ha sciolto il silenzio carico di dolore.
Poi, un passaggio forte, che richiama la coscienza civile:
«In questi giorni abbiamo provato rabbia per una tragedia che si poteva evitare e paura che possa ripetersi ancora. È vero, gli incidenti accadono contro la nostra volontà, ma è doveroso reclamare maggiori garanzie di sicurezza. È l’unico modo per costruire un territorio più sicuro e impedire che simili tragedie accadano di nuovo».
All’uscita del feretro, un lungo applauso, fumogeni rosa e palloncini bianchi hanno accompagnato il volo simbolico di un addio che Favara non dimenticherà.
Ma ora, dopo le lacrime, resta una sola parola d’ordine: verità.
Per Marianna, per la sua famiglia, per una comunità che non accetta più il peso dell’indifferenza.
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