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Home » Cronaca » Mafia, dal carcere gli ordini per droga, armi e intimidazioni

Mafia, dal carcere gli ordini per droga, armi e intimidazioni

1 Agosto 2025
in Cronaca, dalla città, evidenza, Mafia
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L’ultimo provvedimento emesso dal gip del tribunale di Palermo, trae origine dalle attività d’indagini svolte dai carabinieri del nucleo Investigativo del reparto Operativo di Agrigento, guidato dal tenente colonnello Vincenzo Bulla, con il coordinamento dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dal mese di dicembre 2024 a tutt’oggi, che costituisce la naturale prosecuzione delle due operazioni messe a segno lo scorso 14 gennaio 2025 con l’esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di oltre 50 persone, ritenute appartenenti alle famiglie mafiose di Agrigento-Villaseta e Porto Empedocle, con probabilmente a capo rispettivamente Pietro Capraro e Fabrizio Messina, a dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, Cosa nostra agrigentina è tutt’oggi pienamente operativa, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.

L’attività investigativa dei carabinieri. È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive. In tale contesto, molto rilevante ai fini investigativi è stata l’analisi sui dati informatici contenuti nella copia forense dello smartphone utilizzato dall’indagato James Burgio e sottoposto a sequestro in occasione della perquisizione eseguita nei suoi confronti il 17 dicembre 2024 presso la camera detentiva all’interno del Carcere di Augusta, dove al momento si trovava recluso. La disamina, dunque, dei contenuti del citato dispositivo telefonico, unita agli esiti delle attività tecniche di videosorveglianza ed intercettazione, ha consentito di ricostruire la struttura di un’associazione criminale dedita al traffico di sostanza stupefacente del tipo cocaina e hashish.

“Al vertice – scrive il tenente colonnello Vincenzo Bulla – vi sarebbe anzitutto proprio il detenuto James Burgio, il quale sfruttando appunto la sua capacità di mantenere con l’esterno elevate capacità comunicative, si è reso protagonista di una vera e propria esponenziale ascesa criminale che gli ha consentito di porsi quale interlocutore, in termini di sostanziale parità, con esponenti di primo piano di cosa nostra agrigentina quali Pietro Capraro e Gaetano Licata, entrambi, come prima evidenziato, componenti della famiglia di Agrigento/Villaseta rispettivamente con il ruolo di capo e di principale gregario di quest’ultimo, nonché promotori di una distinta associazione criminale anch’essa dedita al traffico di sostanza stupefacente operante nella provincia di Agrigento ed in rapporti con esponenti di cosa nostra di Palermo. Proprio riguardo a tale attività di traffico di sostanze stupefacenti, il 27 maggio scorso veniva arrestano in flagranza di reato Cristian Terrana, fermato a Porto Empedocle a bordo di un motociclo privo di assicurazione e con all’interno di un borsello 506 grammi di cocaina e la somma in contanti di 780 euro in banconote di vario taglio. La successiva perquisizione domiciliare permetteva di rinvenire e sequestrare l’ulteriore somma di 4.880 euro”.

Intimidazioni ed estorsioni. Sulla base degli esiti dell’inchiesta, gli indagati sono stati ritenuti responsabili di plurimi atti intimidatori a Porto Empedocle ai danni di un imprenditore che nel, settembre 2024, fu due volte destinatario di colpi d’arma da fuoco sulla facciata dell’abitazione e, ad ottobre, dell’incendio dell’autovettura – stando alle accuse – per costringerlo a versare denaro all’organizzazione criminale. Alcuni degli indagati sono indiziati dell’incendio di un’autovettura a Porto Empedocle a novembre 2024 con lo scopo di far desistere il proprietario dal continuare a spacciare senza la loro autorizzazione; di colpi di arma da fuoco, a dicembre 2024, nei confronti di un’abitazione a Porto Empedocle per indurre il proprietario a saldare un debito derivante da una fornitura di stupefacente; dell’esplosione, a dicembre 2024, di svariati colpi di arma da fuoco ai danni di una rivendita di frutta e verdura di Agrigento; dell’incendio di un’auto a Porto Empedocle, sempre nell’ottobre scorso, a causa di diverbi di uno dei sodali con il proprietario; dell’esplosione, a dicembre, di colpi di arma da fuoco a scopo intimidatorio ai danni di un’autovettura a Raffadali e dell’esplosione, ancora a dicembre, di diversi colpi di arma da fuoco alla saracinesca di un esercizio commerciale a Porto Empedocle.

Le armi anche da guerra a disposizione dei clan. L’inchiesta di carabinieri e Dda ha fatto emergere un’ampia disponibilità di armi, anche da guerra da parte dei clan di Villaseta e Porto Empedocle. Armi che gli indagati utilizzavano per compiere gli atti intimidatori. In particolare, nell’intimidazione dello scorso dicembre ai danni di una rivendita di frutta e verdura di Agrigento e in quella dello scorso giugno al panificio di Porto Empedocle è stato utilizzato un un kalashnikov, il micidiale fucile mitragliatore AK-47. Le perquisizioni personali e domiciliari effettuate contestualmente all’esecuzione dei fermi dello scorso 10 luglio, hanno permesso di rinvenire e sequestrare un kalashnikov completo di due caricatori, 16 panetti di hashish per circa un chilo e 600 grammi, un giubbotto antiproiettile e migliaia di munizioni di vario calibro.

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Tags: drogaintimidazionimafia
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