Emergono altri particolari dell’operazione della squadra mobile di Agrigento e della Dda di Palermo, conclusa con il sequestro di armi e droga a Licata. Restano in carcere, Domenico Cusumano, 54 anni, e Carmelo Marino, 45 anni, entrambi di Licata. Rosario Cusumano, 26 anni, figlio di Domenico, è stato posto invece domiciliari. Obbligo di dimora infine per il cinquantaduenne Giacomo Marino. Domenico Cusumano e il figlio Rosario, sono accusati di detenzione illegale di armi e munizioni. I fratelli Marino di traffico di sostanze stupefacenti.
I poliziotti hanno sequestrato: 7 pistole di cui due a salve, un fucile, due carabine, alcuni chili di polvere da sparo, circa 10.000 munizioni di vari calibri, denaro contante per complessivi 46.000 euro, quasi 3 chili di hashish, 283 grammi di cocaina, quasi 200 grammi di marijuana e un orologio Rolex. I soldi, in particolare, erano in divisi in tre mazzette e messi sotto vuoto. La quasi totalità della droga è stata rinvenuta all’interno della canaletta passa cavi nel quartiere “Bronx” in una stanza dei contatori dell’energia elettrica nell’area condominiale di una palazzina.
L’attività investigativa dei giorni scorsi è una costola di un’inchiesta molto più ampia sui traffici di armi e droga che coinvolge le consorterie mafiose licatesi. Grazie a cimici e telecamere, piazzate in più punti, hanno permesso agli investigatori di rinvenire e sequestrare un vero e proprio arsenale nella disponibilità di Domenico Cusumano e del figlio. Nel fabbricato rurale nella disponibilità di Cusumano gli agenti hanno trovato di tutto: pistole, revolver a salve modificate per lo sparo, fucili, migliaia di munizioni, caricatori, metal detector, ottiche di precisione e addirittura inneschi con polvere da sparo. L’arsenale era occultato in dei fusti e nascosto sotto terra.
Le microspie hanno captato diverse conversazioni e incontri di Cusumano con soggetti interessati ad acquistare o riparare pistole: 1.200 euro per comprarla, 600 euro per ripararla. Sul ritrovamento di quasi tre chili di hashish e di oltre duecento grammi di cocaina, quando i poliziotti della squadra mobile si sono presentati nell’abitazione e in quella dei genitori, dove nel vano contatori è stata trovata la droga, Carmelo Marino ha immediatamente disconosciuto la paternità dello stupefacente affermando che chiunque avrebbe potuto posizionarlo in uno spazio comune a tutti.
Poco dopo, quando in una delle stanze dell’appartamento sono state trovate tre mazzette sigillate per un importo complessivo di 46mila euro, e un Rolex. Marino ha dichiarato che quel denaro era frutto della sua attività lavorativa e della pensione dei genitori. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia, che hanno disposto le perquisizioni e che coordinano le indagini, Marino farebbe parte di un gruppo dedito al traffico di droga e armi. Ma vi è di più poiché al licatese viene anche contestata, insieme ai Cusumano e ad un gelese, l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
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