Il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, patrimonio dell’Umanità UNESCO, non custodisce soltanto le vestigia monumentali di Akragas, ma si configura come un laboratorio dinamico di ricerca, tutela e mediazione culturale. Il saggio, curato da Maria Serena Rizzo – archeologa del Parco di grande cultura negli studi tardo-antichi e medievali, nonché progettista di indagini innovative sul paesaggio urbano e rurale agrigentino – rappresenta una riflessione critica sulle strategie adottate dal Parco per riconnettere il patrimonio archeologico con il tessuto sociale e territoriale circostante, superando storiche fratture tra istituzioni e comunità locale.
In un contesto italiano in cui l’“Archeologia Pubblica” ha trovato spazio solo negli ultimi decenni, Agrigento si è distinta per un approccio sperimentale basato sul concetto di apertura: fisica, intellettuale e comunicativa. Attraverso un’analisi rigorosa, Rizzo illustra come il Parco abbia trasformato cantieri di scavo, archivi e laboratori in spazi di condivisione, coinvolgendo giovani ricercatori, università internazionali e cittadini in un dialogo continuo. Emerge con chiarezza l’impegno nel rendere accessibili scoperte recenti – dal teatro ellenistico al quartiere residenziale tardoantico, dalle terme romane alle pitture parietali del progetto Pinxerunt – non solo alla comunità scientifica, ma anche al pubblico, attraverso iniziative come le visite a cantiere aperto e i corsi di aggiornamento per docenti.
Particolare attenzione è dedicata alla formazione delle nuove generazioni, sia accademiche – con tirocini, premi di ricerca e collaborazioni con atenei italiani ed europei – sia scolastiche, attraverso attività educative che trasformano i giovani in ambasciatori del patrimonio. La creazione di un Corso di Laurea Magistrale e di una Scuola di Specializzazione in Archeologia, in sinergia con l’Università di Palermo, sottolinea l’obiettivo di fare della Valle un hub internazionale per lo studio del Mediterraneo antico.
Il saggio non si limita a documentare risultati tangibili – come la ridefinizione dell’urbanistica di Akragas o la riscoperta di quartieri artigianali – ma riflette su sfide metodologiche ed etiche: dalla pubblicazione immediata dei dati alla gestione di un patrimonio percepito talvolta come “estraneo”. Le Giornate Gregoriane e l’aspirazione a diventare “Capitale Italiana della Cultura” incarnano la visione di un’archeologia inclusiva, capace di generare identità collettiva e sviluppo sostenibile. Il saggio di Serena Rizzo, inserito nel progetto sulla “Mediterraneità della Magna Grecia”, è stato favorevolmente recepito da Ambiente e Cultura Mediterranea che dal 2024 ha attivato il dibattito culturale su Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 con la pubblicazione di editoriali scientifici sulla mediterraneità.
vai alla fonte: https://www.ambienteculturamediterranea.it/magna-grecia-2425-relazioni
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