In un mio recente articolo ho evidenziato l’assenza, nel programma di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, delle espressioni identitarie immateriali caratteristiche dell’agrigentino, iscritte nel Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana. Quest’ultimo, istituito in conformità con la Convenzione UNESCO del 17 ottobre 2003, rappresenta uno strumento fondamentale per l’identificazione, la salvaguardia e la promozione del patrimonio culturale immateriale, soprattutto per quelle tradizioni a rischio di scomparsa o alterazione.
Il Registro si articola in sei sezioni:
- Libro delle Celebrazioni, delle Feste e delle Pratiche Rituali
- Libro dei Dialetti, delle Parlate e dei Gerghi
- Libro delle Pratiche Espressive e dei Repertori Orali
- Libro dei Tesori Umani Viventi
- Libro degli Spazi Simbolici
- Libro dei Mestieri, dei Saperi e delle Tecniche
In quest’ultima sezione spicca “L’Arte Etnoplasica di Roberto Vanadia”, inserita nel Registro nel 2007. La sua abilità unica nel modellare ambienti, oggetti e personaggi rappresentativi della tradizione siciliana lo ha reso un punto di riferimento nel panorama artistico ed etnografico. Le sue miniature, che riproducono con precisione gli antichi mestieri e le botteghe della Sicilia pre-industriale, sono frutto di approfonditi studi, ricerche sul campo e un’attenta osservazione della realtà storica.
I suoi presepi, celebrati per la minuziosa riproduzione di scene di vita siciliana dell’Ottocento, sono stati elogiati dall’antropologa Annamaria Amitrano Savarese, la quale ha scritto: “Roberto Vanadia, con le sue scene di mestieri e le sue esemplari botteghe, ricostruisce puntuali spazi del ricordo con l’accuratezza di un documentarista, traducendo in arte la sua capacità interpretativa della Sicilia preindustriale.”
Nel corso degli anni, le opere di Vanadia sono state esposte in luoghi prestigiosi come la Basilica di San Francesco d’Assisi, il Museo della Cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca e il Museo Etnografico Russo di San Pietroburgo. Di particolare interesse è la collezione “I luoghi del Caos”, una reinterpretazione etnostorica della Girgenti di Pirandello, concepita per offrire al visitatore un’immersione diretta negli scenari descritti dallo scrittore siciliano. Attualmente, questa collezione e una monumentale installazione presepiale giacciono inutilizzate presso il Palazzo dei Filippini, in attesa della fine dei lavori di ristrutturazione e del necessario restauro delle opere.
In questa intervista, Roberto Vanadia ci spiega perché è fondamentale accendere i riflettori sulle espressioni identitarie immateriali, cercando di comprendere meglio il mancato inserimento di questi patrimoni nel progetto culturale di Agrigento 2025.
Qual è l’importanza delle espressioni identitarie immateriali nell’attuale contesto culturale?
“I beni culturali hanno lo scopo di arricchire l’individuo, favorendo la crescita personale e l’inclusione sociale. La salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, tuttavia, richiede strategie mirate per evitare che cada nell’oblio. Nonostante l’esistenza di strumenti specifici come la Convenzione UNESCO del 2003, gli enti competenti non sembrano attuare le necessarie attività di tutela e valorizzazione.”
Per quale motivo?
“La Convenzione UNESCO sottolinea l’importanza della salvaguardia, evidenziando la natura dinamica e in continua evoluzione delle pratiche culturali. Tuttavia, soprattutto a livello comunale, manca un’effettiva consapevolezza del ruolo centrale che gli enti locali dovrebbero ricoprire nella documentazione, preservazione e promozione delle espressioni immateriali iscritte nel Registro. Si assiste, invece, a una preoccupante marginalizzazione e a una scarsa sensibilità culturale.”
Possiamo parlare di indifferenza culturale?
“Direi piuttosto di una ‘inedia culturale’ che rischia di vanificare gli sforzi della Regione Siciliana, una delle poche ad aver recepito la Convenzione UNESCO e istituito il Registro delle Eredità Immateriali. Questa inerzia finisce per svilire il lavoro delle Soprintendenze ai Beni Culturali, delle università e delle associazioni che operano per la tutela e il riconoscimento delle tradizioni locali. Anche le iniziative culturali promosse da alcuni enti risultano spesso incoerenti con gli obiettivi della Convenzione, dimostrando scarsa attenzione verso i beni immateriali.”
Quale consiglio darebbe agli amministratori locali?
“Chi gestisce il patrimonio culturale dovrebbe formarsi adeguatamente per comprenderne il valore storico e identitario, evitando di relegarlo a semplice risorsa economica. Occorre investire realmente nella valorizzazione culturale, credere nel connubio tra bellezza, storia ed economia, senza perdere di vista ciò che rende unico il nostro patrimonio. Improvvisare non basta: serve una visione chiara e consapevole.”
Luigi Mula
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