Intervista a Macedonio: “Lavorare con Joe Wright è stato un sogno che si è realizzato”
Si è conclusa la serie M – Il figlio del secolo, andata in onda su Sky, un progetto che ha saputo conquistare il pubblico con la sua narrazione potente e il suo cast d’eccezione. Tra i protagonisti c’è Paolo Macedonio, che ha interpretato Don Luigi Sturzo, figura chiave della storia italiana del Novecento. Un ruolo impegnativo, che ha permesso all’attore di misurarsi con un personaggio di grande spessore, al fianco di Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini. Abbiamo intervistato Paolo per scoprire come è arrivato a questo ruolo, cosa ha significato lavorare con un regista come Joe Wright e quali sono i suoi progetti futuri.
Domenico Vecchio: Ciao Paolo, raccontaci un po’ come è iniziata questa avventura. Come sei arrivato a interpretare Don Luigi Sturzo in “M – Il figlio del secolo”?
Macedonio: Ciao Domenico, è stato un percorso davvero affascinante. La mia agenzia, la Planetfilm, mi ha convocato a Cinecittà per un provino. Ho scelto di portare un monologo di Antonino Gramsci, “Odio gli indifferenti”. Dopo quella selezione, sono stato scelto dal casting di Maurilio Mangano e, la settimana successiva, sono stato convocato da Joe Wright. Mi sono presentato nuovamente a Cinecittà, ma questa volta vestito da prete, pronto a interpretare Don Luigi Sturzo. E così è arrivato il sogno di lavorare con un regista di quel calibro.
Domenico Vecchio: Com’è stato lavorare con un regista come Joe Wright?
Macedonio: Lavorare con lui è stato incredibilmente semplice, anche se, naturalmente, lo considero un maestro. Più si è grandi, più si è umili e semplici, e Joe Wright è la prova di questo. Con naturalezza e gentilezza, alla Basilica di Aquileia, che era diventata un set magnifico, mi si è avvicinato e mi ha dato le indicazioni. Dopo cinque minuti, il ciack era battuto. È stato tutto molto spontaneo, e mi sono trovato perfettamente in sintonia con lui. Dopo la scena, ha chiesto di rifarla, suggerendo che avrei dovuto essere più intimorito. Batte un altro ciack, e stop. Primi piani, dettagli, e tutti a casa. Quando gli ho chiesto “we are done? You are satisfied?”, lui mi ha risposto: “Have you written anything else for this scene?”. Non parliamo la stessa lingua, ma ci siamo capiti grazie all’umanesimo che ci unisce, e tutto è stato perfetto. Quando c’è amore e armonia, le barriere linguistiche scompaiono.
Domenico Vecchio: E cosa pensi del fascismo, visto il tuo ruolo in una serie che esplora anche quel periodo?
Macedonio: Per me, il fascismo è lontano anni luce da ogni parte di me. L’uomo che prevarica è privo di empatia, e per me quella è la fine del mondo. Il mio Don Luigi Sturzo si oppone a un Mussolini che viene mostrato volutamente in modo caricaturale. Questo è uno degli aspetti che ha contribuito al successo della serie: vediamo un Duce fragile, sempre in cerca di approvazione, mendace e manipolatore. Questi tratti sono comuni a tutti i dittatori, e sono ben evidenti nella serie. Il fascismo è una distorsione dell’umanità, ed è un tema che va affrontato con responsabilità.
Domenico Vecchio: A proposito del successo della serie, cosa lo ha reso così speciale?
Macedonio: Il segreto del successo sta sicuramente nella maestria delle inquadrature, nella fotografia di Seamus McGarvey, un altro grande del settore, nei costumi e nel trucco. Non c’è un reparto che non brilla. Ma, soprattutto, gli attori, a partire da Luca Marinelli, sono impeccabili. Il risultato finale è spettacolare, come giusto che sia. E non dimentichiamo la colonna sonora, che è un altro pezzo fondamentale del puzzle.
Domenico Vecchio: E ora, quali sono i tuoi progetti futuri?
Macedonio: Attualmente ho tre partecipazioni a tre serie, ma non posso rivelare molto perché mi hanno fatto firmare gli NDA, gli accordi di riservatezza. Con la mia autrice Moira Angelastri, stiamo lavorando su uno spettacolo teatrale che ha una lunga gestazione. Oltre al doppiaggio, che ormai è un impegno quotidiano, sono al lavoro su una serie che andrà in onda su Mediaset. E poi, non dimentico i miei ragazzi dei licei, che sono i miei luoghi dell’anima. Lì, quando posso, insegno perfezionamento della dizione italiana e l’importanza di comunicare. Con l’arte della recitazione, gli adolescenti possono superare i blocchi emotivi che spesso li frenano. Credo che l’adolescenza debba essere una stagione che spinge i giovani a sognare e a realizzare quei sogni.


Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp
