I carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento, guidati dal tenente colonnello Vincenzo Bulla, hanno sottoposto a fermo 30 indagati, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere all’organizzazione mafiosa denominata “Cosa nostra” di Agrigento, Villaseta, Porto Empedocle, Favara, Canicattì, Gela e Castelvetrano, i reati di associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, minaccia aggravata dal metodo mafioso, rapina e tentata estorsione. L’associazione mafiosa viene contestata a cinque persone. Secondo le indagini Fabrizio Messina e Pietro Capraro sarebbero i rispettivi capi delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento/Villaseta. Ad altri tre indagati viene contestata, invece, la partecipazione alla famiglia di Villaseta: si tratta di Gaetano Licata, Gabriele Minio e Guido Vasile.
Da una parte vi era la famiglia mafiosa di Porto Empedocle, guidata dal boss Fabrizio Messina; dall’altra quella di Villaseta, capeggiata da Pietro Capraro che avrebbe raccolto il testimone del boss Antonio Massimino. Nel corso dell’attività investigativa, alcuni degli indagati avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenere a Cosa nostra avrebbero costretto l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel comune di Agrigento, ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia.
Ma avrebbero anche costretto il legale rappresentante di una società di carburanti a interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita. Non sarebbero mancati i danneggiamenti: alcuni indagati avrebbero dato fuoco a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni a Villaseta; altri a un furgone intestato a una rivendita di bevande di Porto Empedocle. In altra circostanza avrebbero esploso diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca della stessa rivendita. E ancora avrebbero esploso, quale azione dimostrativa a scopo d’intimidazione, diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, resosi colpevole di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei presunti sodali.
E avrebbero costretto l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione di piazza della Concordia, a Villaseta, ad assumere quale operaio una persona a loro gradita. E avrebbero fatto lo stesso – assumere operai “amici” – anche con la ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori. Accertata, secondo quanto è stato ufficialmente ricostruito dai carabinieri, la responsabilità della rapina al distributore di carburante Db di Villaseta, durante la quale si sarebbero impossessati della somma di 400 euro che sottraevano al dipendente utilizzando violenza e minaccia. E inoltre avrebbero costretto il titolare di un bar di Agrigento, e i suoi dipendenti, a erogare loro cibi e bevande senza pagarne il corrispettivo, procurandosi un ingiusto profitto.
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