Questo non è un film di guerra, ma è un film sulla guerra: quella della “vittoria” datata 1918. Ed è un film che va necessariamente visto sul grande schermo: non aspettate che esca sulle piattaforme o su Sky. Un film sulla guerra che, fin dalle prime scene in piano sequenza tra le trincee, mostra gli aspetti meno eroici e avventurosi di un conflitto armato. Anzi. Quasi del tutto girato in interni, CAMPO DI BATTAGLIA di Gianni Amelio racconta la storia di uomini, di soldati feriti in un ospedale lontano dal fronte che sono disposti a tutto pur di non farci ritorno a rischiare la pelle per un ideale nel quale non credono. Ma, in quest’ideale, c’è chi ci crede: come il capitano medico Giulio (interpretato da Gabriel Montesi) uomo appartenente a una famiglia potente e pervaso dal fanatismo del furore patrio; di contro, il suo amico (e sottoposto) Stefano (un sempre bravo Alessandro Borghi anche se non in una delle sue migliori interpretazioni) il quale è mosso da umana compassione per i disgraziati giunti all’ospedale. Di essi Stefano comprende il terrore e il desiderio di fuggire dalla follia della guerra. Amelio, che con Alberto Taraglio ha scritto la sceneggiatura, ci restituisce un quadro molto scuro (anche nelle immagini pur sostenute dalla bella fotografia di Luan Amelio Ujkaj) con una tensione narrativa debole ma con un messaggio potente legato al rifiuto della violenza. “Bisogna interrogarci da dove viene tutto questo sangue … qual è il malessere che obbliga la gente a uccidere altra gente”: così Gianni Amelio in una recente intervista. E questa riflessione è quanto, probabilmente, segnerà maggiormente la visione del film e la domanda del Pubblico che l’avrà visto.
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