Il tribunale dei Minorenni di Palermo ha concesso la messa alla prova della durata di un anno ai due giovani, all’epoca diciassettenni, finiti a processo per la morte della sedicenne agrigentina che si è tolta la vita dopo essere stata costretta a fare sesso di gruppo e ripresa con i cellulari. Svolgeranno lavoro di pubblica utilità in una struttura assistenziale, al termine del quale, in caso di relazioni positive, il reato sarà estinto.
Il pubblico ministero Massimo Russo, aveva chiesto il processo per i due, oggi 26enni, coinvolti nell’inchiesta che, fra il 2014 e il 2015, non avevano ancora compiuto 18 anni. I due si sono sempre difesi sostenendo di non avere costretto la ragazza a fare sesso ma di avere avuto con lei un rapporto consensuale. I loro legali Daniela Posante e Marco Giglio, in ogni caso, hanno chiesto, ottenendolo, la messa alla prova.
Davanti ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, invece, è in corso di svolgimento il dibattimento a carico degli altri ragazzi coinvolti nella drammatica vicenda, un 26enne e un 27enne, accusati di violenza sessuale di gruppo e produzione di materiale pedopornografico. I giudici, dopo avere ammesso la costituzione dei genitori, hanno ammesso i mezzi di prova dei pubblici ministeri, della parte civile e dei difensori degli imputati.
La ragazza aveva annunciato il suo gesto con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook. Il corpo senza vita, poi, è stato ritrovato sotto il muraglione della Rupe Atenea, dove si era lanciata nel vuoto. A fare luce sulla vicenda le indagini della Squadra Mobile di Agrigento. Gli agenti hanno scoperto alcuni video che immortalavano la sedicenne mentre faceva sesso di gruppo con quattro ragazzi.
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