Un reperto destinato a segnare la storia archeologica dell’antica città
Si aggiungono altri particolari sul reperto recuperato nel mare di Agrigento, poco distante dalla foce del fiume Akragas. Per gli esperti, ma la teoria dovrà essere suffragata da perizie ancora più approfondite, si tratta della parte del fregio del Tempio di Zeus. Le prime ipotesi indicano che il reperto recuperato potrebbe essere un decoro frontale appartenente al celebre tempio di Zeus, un cavallo in marmo, elemento iconico nelle rappresentazioni artistiche dell’epoca. Il recupero del reperto archeologico è stato effettuato dai subacquei del Nucleo sommozzatori dell’Arma dei Carabinieri, alla presenza di funzionari della Soprintendenza del mare, del Nucleo Tutela patrimonio culturale dei Carabinieri e di componenti del Gruppo Subacqueo di BCsicilia. Il reperto è adesso oggetto di specifiche analisi e di interventi di restauro e pulizia. Ricoperto di concrezioni, quasi certamente di marmo proconnesio, della dimensione di 2 metri per 1,6 e 35 cm di spessore, giaceva a circa 300 metri dalla costa, a 9 metri di profondità, ed era conosciuto già da lungo tempo, ma era segnato nella carta archeologica come una banale e anonima “vasca”. Questa attribuzione non aveva mai convinto il Gruppo Subacqueo di BCsicilia, guidato da Gaetano Lino, che nell’ottobre del 2022 ha effettuato, insieme al sub volontario Salvatore Ferrara, e grazie anche al contributo esterno di Francesco Urso, della sede BCsicilia di Agrigento, un rilievo in 3D. Dall’elaborazione delle foto utili al rilievo tridimensionale subacqueo è venuta fuori l’eccezionale immagine di quello che sembra il particolare di un fregio del timpano di un tempio. Della straordinaria scoperta si è immediatamente data notizia alla Soprintendenza del mare al fine del recupero dell’eccezionale reperto che è stato finalmente riportato a riva, dopo due precedenti tentativi resi nulli dalla torbidità dell’acqua. BCsicilia ha ringraziato la Soprintendenza del mare, il Nucleo Tutela patrimonio culturale dei Carabinieri e il Parco Archeologico della Valle dei Templi, ed elogia il Nucleo sommozzatori dei Carabinieri di Messina per aver portato a termine, con grande professionalità, una operazione alquanto complessa, e reso possibile il recupero di un reperto destinato, secondo loro a segnare la storia archeologica dell’antica città di Agrigento. Sul tempio di Zeus ancora oggi ci sono molti aspetti da chiarire. Il monumento fatto erigere dal tiranno Terone per festeggiare la vittoria di Imera, in effetti aveva nel frontone centrale un paio di cavalli rampanti e uno di questi potrebbe essere molto simile a quello ritrovato sui fondali. In alcuni bozzetti custoditi al museo si vede sono quello di sinistra e mancherebbe proprio quello di destra recuperato nei giorni scorsi. Il porto di San Leone, come si sa, era l’accesso alla città delle navi che lo navigavano fino a porta V. Inoltre, nel 1401, come si narra, un terremoto avrebbe fatto crollare il tempio e alcuni blocchi vennero trasportati fino a Porto Empedocle per costruire il nuovo porto. Il trasporto, probabilmente, avvenne a bordo di battelli che attraverso il fiume Akragas e quindi la zona della Babaluciara, arrivavano nell’area empedoclina che era stata individuata per costruire il nuovo porto. Uno di questi potrebbe essere finito sul fondale.



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