Nel segno del presepe, gli auguri natalizi. Gli auguri più fervidi e cordiali a tutta la grande famiglia di Agrigento-Oggi, direzione e redazione, come pure e soprattutto alla numerosissima famiglia dei lettori di Agrigento-Oggi, che non si restringe a quelli della provincia, ma proprio a tutti, a quanti cioè da ogni parte d’Italia e non solo, spesso on line, si collegano con noi. Davvero veramente in tanti. Auguri di ogni bene, ringraziando per l’attenzione.
Auguri che vogliamo favi arrivare, sintetizzando a grandi linee il messaggio di un libro di recente pubblicazione dal titolo …“Una gioia mai provata. San Francesco e l’invenzione del presepe”. Un volume in cui si parla di attenzione ai poveri, e contemporaneamente del Natale. Poveri e Natale: due realtà che in questi giorni sono oggetto di notevole attenzione, sia nella società civile che ecclesiale. Poveri e Natale, con tutte le iniziative che sono state già realizzate in questi giorni e quelle che sono ancora in fase di attuazione nei tanti paesi dell’agrigentino. Per riassumere in estrema sintesi il messaggio di questo volume, diciamo subito che chiaramente – come annuncia il titolo – si vuole far capire la gioia di S. Francesco (1182-1226), che allora, per vivere meglio il Natale, e gustare meglio la gioia del Natale, ebbe l’idea del presepio. E Papa Francesco nella lettera apostolica Admirabile signum del dicembre 2019 ha lanciato l’appello, sintetizzato in queste parole: “Che non venga mai meno la bella tradizione del presepe”. La lettera apostolica “Admirabile signum” ricordiamo – che è stata firmata nel dicembre 2019 a Greccio, piccolo Comune del Lazio in provincia di Rieti. A Greccio fu infatti realizzato il primo presepio nella notte del Natale 1223 : e quindi quest’anno inizia l’anno dell’800centesimo anniversario del primo presepio. Papa Francesco, nella sua lettera apostolica , “Admirabile signum” ci ha invitati a rivivere i passi che portarono Francesco a rappresentare l’evento della nascita di Gesù, senza altro ornamento che non fosse una stalla, una mangiatoia con un po’ di fieno, senza altri protagonisti oltre al bue e l’asino. Il loro muso ! il muso di questi due animali affamati e desiderosi di cibo, sprofondato dentro a quel fieno, inteso come il migliore auspicio cristiano, quando i popoli della terra, finalmente riuniti come fratelli, – (per dirla con papa Francesco) – cercheranno di nutrirsi di Cristo, del suo insegnamento, del suo messaggio, del suo stesso corpo, vivo, presente reale nell’Eucarestia: in quel pezzo di pane che nella Messa diventa – misteriosamente e realmente – corpo e carne di Cristo. Quella scena semplice del presepio con il muso dei due animali, sprofondato dentro a quel fieno, è piena di significato.
A suo aiuto e supporto, per realizzare quel primo presepio, Francesco d’Assisi ebbe l’aiuto di un uomo nobile, di animo anzitutto, ma anche di ceto sociale: Giovanni Velita, che aveva imparato a conoscere l’amico Francesco, ad ascoltarne la parola, a comprenderne lo spirito. Ed ecco le parole che il giovane Francesco d’ Assisi rivolge a Giovanni Velita : “Se vuoi che celebriamo a Greccio l’imminente festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria di quel bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Messer Giovanni Velita signore di Greccio, quell’invito non se lo fece ripetere due volte. Predispose con estrema minuzia tutto quanto era stato disposto, e fu così che giunse il tempo della notte santa, il tempo del giubilo e dell’esultanza in cui il borgo si illuminò di ceri e fiaccole e risuonò di canti, mentre il giovane diacono Francesco intonava “con voce limpida e sonora” la parola del Signore: “Betlemme è qui, non serve andare lontano”. Sappiamo quanto allora c’era desiderio di andare in Terra santa, quanti sacrifici e soldi si richiedevano; e come quindi ben pochi potevano realizzare quel desiderio, a cui era legata quasi la sicura speranza di salvezza. “Betlemme è qui, non serve andare lontano”. Questo il messaggio di S. Francesco.
Papa Francesco spiega bene: quel “mirabile segno” del presepio, al quale nessuno ha osato porre obiezioni, nonostante l’immagine di Dio mediata allora dalla Chiesa medievale fosse piuttosto distante dal candore della notte di Betlemme. Ed il presepio si afferma in quel contesto anche di contestazione della Chiesa ufficiale di allora, da parte dei gruppi cosiddetti dei pauperisti: i Catari, che desideravano una Chiesa più semplice “evangelica”, dal volto contemporaneamente divino ed umano. Sta a noi adesso, cogliere efficacemente in questo nostro travagliato tempo, la scia luminosa lasciata nella storia e nel cristianesimo da quella provocatoria intuizione francescana del presepio. Ricordiamo storicamente che all’epoca della giovinezza di Francesco d’Assisi, l’invito più frequente rivolto ai credenti era quello di espiare i propri peccati attraverso la sofferenza, per placare l’ira di Dio che incombe su tutti gli uomini. Un’immagine falsata di Dio che il Poverello ha certamente avvertito, per poi essere guidato dallo Spirito nella concezione che se Dio si è incarnato è stato per amore. Perché Dio è amore, è gratuità, prossimità a tutte le vittime del male.
E come Gesù di Nazareth, più che guardare al peccato, Francesco d’Assisi si concentra sulle vittime del male e mette a fuoco il volto autentico di Dio; per questo inventa un segnale contrastante con la cultura corrente e ominante della sua epoca. La scelta francescana della felice povertà cozza duramente con l’andamento allora di una Chiesa ricca, corrotta e malata, della quale tuttavia Francesco non si fa giudice. Il suo stile di vita è innocente…deciso…semplice e contemporaneamente disarmante; l’atteggiamento è quello di un giovane entusiasta della natura e delle sue creature, come di tutti gli esseri viventi che incontra sul suo cammino. Francesco libero e felice, obbediente a quelle che erano le gerarchie del suo tempo, affronta con il cuore tutti gli ostacoli e lancia il messaggio del presepe di Greccio. Lo fa solo per amore, ed assolutamente senza alcun desiderio di rivalsa. Quella potentissima immagine di un Dio che si fa uomo nell’estrema povertà era la sola — oggi come ieri — in grado di arrivare al cuore di tutti; la sola capace di lasciare in ciascun animo la possibilità di riconciliarsi con il Signore e con se stessi, ritrovando la propria verità umana più intima. Un messaggio quello del presepio che contrasta con quell’alienante ricerca di potenza e successo che dominava allora, come domina adesso; un messaggio che arriva fino a noi a ben ottocento anni di distanza da quell’epoca. Eppure ci appare estremamente attuale. L’augurio è quello di riscoprire la bellezza della scena semplice di Grecci, così come imparare ad aprirsi al prossimo con semplicità, gratuità e senza preconcetti, magari aggiungendo un pizzico di sana e creativa follia francescana. Ci aiuterà forse a capire meglio il senso vero della nostra esistenza.
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