Dalla condanna dell’ex senatore Denis Verdini (per il quale si sono aperte le porte del carcere) all’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, nello stralcio del processo sulla trattativa tra Stato e mafia, nel 2020 sono arrivate importanti sentenze dalla Corte di Cassazione. Adnkronos pubblica un anno di sentenze. I supremi giudici, nell’arco dell’anno che volge al termine, hanno deciso tra l’altro di far celebrare un nuovo processo di appello per l’omicidio Vannini, oltre a confermare rilevanti condanne per mafia anche ai ‘clan’ attivi nella Capitale. Ecco in sintesi le principali sentenze della Cassazione emesse nel 2020: 17 gennaio 2020: Carola Rackete, la comandante della nave Sea Watch non andava arrestata. La Corte di Cassazione respinge il ricorso della Procura di Agrigento contro l’ordinanza che aveva rimesso in libertà la giovane comandante tedesca, la quale nel giugno 2019 era entrata nel porto di Lampedusa nonostante il divieto della Guardia di Finanza. La terza sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura, dando così ragione alla gip di Agrigento Alessandra Vella, che non aveva convalidato l’arresto di Carola Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, che era stato contestato alla giovane donna. Per i giudici di piazza Cavour, la comandante della nave rispettò il dovere di soccorso in mare. 7 febbraio 2020: nuovo processo d’Appello per l’omicidio di Marco Vannini. I giudici della prima sezione penale della Cassazione accolgono la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale e dispongono un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Marco, ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano. Per l’omicidio del ragazzo, appena ventenne, la corte d’Assise d’Appello di Roma aveva condannato il padre della sua fidanzata Antonio Ciontoli per l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario. Per i giudici della Cassazione, Vannini morì per le “lesioni causate dal colpo di pistola” e se fosse stato soccorso in tempo non sarebbe morto. Secondo i giudici di piazza Cavour, inoltre, “una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi”.
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