Un Natale diverso e proteso – si spera – al recupero di autenticità, quello di quest’anno.
Auguri poi da una Sicilia che proprio in queste ore è tornata pure a tremare, mentre dovunque continua la lotta contro la pandemia-coronavirus che ormai da tanti mesi ci affligge.
Un Natale quindi davvero particolare che dovrebbe essere di festa. Una festa ogni anno desiderata ed attesa da tutti nel mondo, anche se vissuta in maniera e con visione diversa. Per tutti comunque con un richiamo all’intimità familiare e con lo sguardo pure proteso al nuovo anno, che sempre si desidera migliore.
Specie quest’anno, in cui unitamente alla speranza, non manca la paura. Ragion per cui, soprattutto a causa delle restrizioni, si sente parlare di un Natale triste, perseguitato, umiliato, azzoppato, rassegnato, ecc.
Lamentele queste che comunque rivelano che il Natale è considerato e desiderato come festa, anche se visto e vissuto in ottica diversa.
Per i cristiani il Natale ricorda l’irruzione dell’amore di Dio nella storia con la sua incarnazione. E quindi è per eccellenza la festa della vita, della gioia, dell’amore, della solidarietà.
Dio che si fa uomo, nascendo bambino povero e fragile, e che conclude la sua vita terrena con il mistero della sua morte in croce e della sua risurrezione; e con ciò dà ai cristiani la certezza che per tutta l’umanità il male e la morte non avranno l’ultima parola.
Proprio quello che Papa Francesco, ha tenuto a sottolineare, affermando che “gli uomini anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare”.
Per chi non è cristiano, anche se lontano da questa visione, il Natale è comunque festa della vita, degli affetti domestici, degli incontri, dei ricongiungimenti familiari. Cose tutte che quest’anno subiscono un drastico ridimensionamento.
Perché questo è il Natale di un’eccezionale crisi sanitaria, a cui si accompagna una crisi economica, politica e sociale. E persino ecclesiale, perché mette a nudo l’aspetto umano, fragile della Chiesa, sempre – e soprattutto adesso – bisognosa di conversione.
Un aspetto questo – a nostro giudizio – forse provvidenziale della pandemia che ha la capacità di mettere a nudo tante cose e che può costituire per tutti una grande occasione per migliorare e soprattutto recuperare autenticità.
Quell’autenticità perduta, e magari trasformata dai credenti in una religiosità incolore, stemperata in gesti rituali, senza eccessivo entusiasmo. Un Natale nel tempo ridotto a festa per bambini, per regali, per serate di musica, danza, divertimento e quant’altro.
Cose tutte adesso necessariamente ridimensionate dalla situazione, che perciò quasi obbliga ad una salutare riflessione che può portare ad un salto di qualità nei rapporti sociali, nella linea della solidarietà, a condizione di non vivere la crisi come conflitto.Un ammonimento questo di Papa Francesco che facciamo nostro.
Perché come si fa osservare anche da tanti pulpiti laici, essere circondati da morti ed ammalati, chiaramente ci impone o dovrebbe imporci uno sguardo diverso, una attitudine alla solidarietà più facile coi più fragili.
La storia della salvezza – ha detto Papa Francesco -passa per le crisi, tante crisi che hanno accompagnato molti eventi e personaggi biblici, prima di conseguire il risultato positivo.
Perciò, specie nella situazione attuale, col necessario senso di corresponsabilità,bisogna far si che risulti più facile conservare pace e serenità, nella piena consapevolezza che tutti, credenti e non, in ogni angolo della terra, siamo fratelli nella stessa barca, legati da un comune vincolo di fraternità.
Fraternità che deve tradursi in amicizia sociale, perché nella stessa barca nessuno si può salvare da solo.
Ed in questo senso, davvero auguri a tutti di buon Natale.
Diego Acquisto
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