“Ho ricevuto un messaggio, da una persona che lavora nel mio ufficio, che mi dice che un suo familiare è risultato positivo al Covid-19”. Lo ha detto il sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno, al processo d’appello, scaturito dalla maxi inchiesta denominata “Montagna”, che ha fatto finire in carcere decine tra boss e affiliati delle famiglie mafiose dell’Agrigentino. Durante l’audizione del collaboratore di giustizia, il favarese Giuseppe Quaranta, presente nell’aula bunker del carcere Pagliarelli e collegato in video conferenza, il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Fabio Marino, ha interrotto l’escussione del pentito, ed ha rinviato l’escussione del collaboratore di giustizia al 2 dicembre prossimo.
Quaranta aveva iniziato la sua deposizione, parlando in particolare del favarese Pasquale Fanara che, in primo grado, è stato assolto, tornando libero: “Lo conosco benissimo, da quando era uscito dal carcere, per sistemare la famiglia mafiosa di Favara. Fa parte di Cosa Nostra. E’ un vecchio volpone. Mi commissionò un’estorsione, a un ragioniere che aveva uno stabilimento di calcestruzzo al Villaggio Mosè. Gli chiesi 10.000 euro di pizzo”.
Fanara ha chiesto di prendere la parola e rilasciare spontanee dichiarazioni. Su quanto detto da Quaranta: “Ho sempre schifato questa persona. Io non c’entro nulla con queste storie, dice cose false”.
Nel suo intervento, Quaranta ha parlato pure di Roberto Lampasona di Santa Elisabetta, assolto in primo grado: “Faceva parte della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta, ed era a disposizione dei Fragapane. Rubava pecore per i calabresi in provincia di Agrigento”.
Su Angelo Giambrone, 36enne di Cammarata, assolto in primo grado: “Non fa parte di Cosa Nostra, era sempre al fianco del padre”. In primo grado 35 condannati e 10 assolti.
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