LICATA. Resta sotto sequestro il porto turistico Marina di cala del Sole di Licata. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33403 depositata il 18 luglio scorso ha messo il sigillo sul sequestro della struttura. Secondo quanto scritto nelle motivazioni che sostengono la pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto dall’imprenditore nisseno Luigi Francesco Geraci, il Giudice per le indagini preliminari ha ravvisato correttamente gli estremi per concedere il sequestro del porto turistico, ritenendo configurabile i reati previsti dagli articoli 54 e 1161 del Codice della Navigazione e rimarcando la “radicale inesistenza di un valido titolo che legittimasse il mantenimento ed il compimento delle attività contestate”.
Secondo la Cassazione, inoltre, i Giudici di merito hanno “ampiamente e congruamente argomentato in relazione alla esclusiva rilevanza urbanistica del progetto di variante approvato all’esito della conferenza di servizi indetta dal Comune di Licata ed alle ragioni giustificatrici che ostavano ad attribuire a tale atto il valore implicito della concessione demaniale, in relazione alla quale era intervenuto provvedimento di decadenza”.
In sostanza il porto era stato sequestrato perché non avrebbe pagato gli oneri demaniali facendo di fatto scadere la concessione rilasciata dalla Regione. Erano stati i militari dell’aliquota di polizia giudiziaria della capitaneria di porto di Porto Empedocle, in forza al Tribunale di Agrigento, ad eseguire un provvedimento che porta la firma dei magistrati della procura della Repubblica di Agrigento. Il porto turistico “Marina di cala del sole” è stato sempre al centro dell’attenzione della Procura e delle forze dell’ordine. Costruito negli anni successivi al 2003 sulla vecchia spiaggia di “Giummarella”, il porto è stato ampliato negli anni fino a comprendere una vasta area commerciale, realizzata grazie ad una variante al progetto iniziale che prevedeva soltanto un bazar di 2.000 metri quadrati ed esteso a dieci volte tanto con un atto approvato dal Consiglio comunale dell’epoca.
Il centro commerciale poi è stato venduto per svariati milioni di euro. Ma al Comune di Licata non sono mai entrati dei soldi. Un mancato introito di circa sette milioni di euro, per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio del dirigente comunale Vincenzo Ortega e dell’imprenditore Luigi Francesco Geraci.
Sulla decisione della Cassazione interviene l’associazione “A testa alta” presieduta dall’avvocato Antonino Catania. “Come cittadini monitoranti, che cercano di vigilare sull’uso e abuso del “potere” che deleghiamo, esprimiamo piena soddisfazione per la decisione della Suprema Corte, che ha affermato quanto da noi più volte ribadito: il verbale di Conferenza di servizi del Suap – Comune di Licata, con il quale il 12 dicembre 2014 furono approvate ulteriori varianti al progetto originario, nonostante la società Iniziative Immobiliari e i suoi aventi causa a qualsiasi titolo avessero perso la disponibilità delle aree demaniali a partire dal 16 giugno 2014, non poteva avere valore di “concessione demaniale” o di “nuovo titolo unico abilitativo”, come invece erroneamente sostenuto – a più riprese e in note ufficiali portate a conoscenza della nostra Associazione – dal Dirigente del Dipartimento Urbanistica, Vincenzo Ortega. Sulla base di tali considerazioni, che oggi ricevono conforto dal massimo organo giurisdizionale – aggiunge l’associazione A testa alta – sia pure all’interno di un “giudicato cautelare” abbiamo ripetutamente chiesto al Comune di Licata di nominare altro Dirigente del Dipartimento Finanze e Suap affinché, previa convocazione di nuova Conferenza di servizi, si procedesse all’annullamento, in autotutela, di quel verbale, a nostro avviso, del tutto illegittimo e ingiusto; e ciò, perché le regole, come ripetiamo sempre, devono valere per tutti: per i cittadini così come per le “grandi” imprese, funzionari e dirigenti”.
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