AGRIGENTO. L’avviso di garanzia a Giuseppe Catanzaro infligge un duro colpo ad una Confindustria già messa in ginocchio dopo l’arresto del suo socio più influente, Antonello Montante.
Catanzaro aveva provato a imprimere una inversione di rotta alla Sicindustria del dopo Montante, spostando l’attenzione dell’associazione più sull’attività amministrativa della Regione e sui problemi operativi degli industriali che sui ruoli di vertice nel governo e negli enti. Non è un caso che quella di Musumeci sia la prima giunta dal 2010 a oggi in cui non c’è un assessore indicato da Confindustria.
Una frenata, quella di Catanzaro, rispetto al modello Montante pur senza mai rinnegare il vecchio amico, che godeva fra gli industriali di influenza intatta. E non è un caso neppure che l’avviso di garanzia che ha colpito Catanzaro sia riferito a fatti che riguardano la legislatura di Crocetta.
Catanzaro si è mostrato ai pochi fedelissimi scosso dall’avviso di garanzia. Poi ha rilasciato solo poche parole: «Sono indagato per reati che attengono ai rapporti con la politica, di cui solo oggi vengo a conoscenza. Andrò e fornirò ogni elemento utile al fine di agevolare la ricostruzione della verità storica. Ritengo che attenga alla fisiologia del sistema democratico effettuare verifiche e indagini in capo a chi svolge attività imprenditoriale. Si tratta di ipotesi specifiche relative unicamente ai rapporti con il governo regionale precedente».
Nulla di più sulla pur ventilata possibilità di dimettersi o sospendersi. Scenari che, al di là dell’ufficialità delle dichiarazioni, restano sul tappeto. E su cui influiranno gli sviluppi dell’inchiesta nei prossimi giorni.
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