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Home » dalla città » Civiltà (FI): Livatino, si commemori la “Toga” ma si ricordi anche il “ragazzino”

Civiltà (FI): Livatino, si commemori la “Toga” ma si ricordi anche il “ragazzino”

20 Settembre 2017
in dalla città
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Il capogruppo di Forza Italia al Consiglio comunale di Agrigento, Giovanni Civiltà, interviene nel merito dell’anniversario della morte di Rosario Livatino, e afferma: “Fu un servitore dello Stato, paladino a difesa del diritto, fu un giudice che credeva fino in fondo al valore supremo della giustizia, un magistrato  che fu lontano dalle “debolezze” di chi ha intaccato la credibilità di un Ordine da sempre faro dei cittadini onesti.  All’epoca era una terra diversa, meno matura, meno coraggiosa e meno incline a combattere il fenomeno della criminalità organizzata. Era una Sicilia più prona al potere e non pronta al cambiamento, quella in cui visse il ‘Giudice ragazzino’. Lungo la strada che congiunge l’entroterra del territorio isolano con la Valle dei Templi, in quel tragico e lontano 21 settembre del 1990, andarono perdute le speranze di una generazione che si apprestava a vivere gli ultimi anni di un secolo che aveva segnato la sottomissione di una terra logorata dalla sua incapacità di reagire a chi aveva dialogato con i siciliani con toni sprezzanti. Oggi tanto è cambiato grazie anche a quel martirio che rappresentò un punto di non ritorno per  il fenomeno criminale  che aveva imprigionato con la forza lo sviluppo di questa straordinaria terra. Si ricordi il magistrato che tanto osò ma non si dimentichi  il ragazzino, l’uomo che di fronte al titanico sforzo  di cambiare un atteggiamento culturale, di sopraffazione e arroganza, con l’affermazione della legge, sacrificò la sua giovane vita per l’affermazione della legalità. La sua morte fu una sconfitta per chi credeva nella superiorità della giustizia, fu  una vittoria per chi era consapevole che il sacrificio di un solo uomo potesse portare a cambiare le sorti della nostra isola. Domani gli studenti commemorino  la “toga” e ricordino anche la semplicità di un “ragazzino” siciliano che amò il suo  lavoro di magistrato sino a sacrificare la sua libertà” – conclude Giovanni Civiltà.

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