
Revocata la misura degli arresti domiciliari all’ingegnere canicattinese Vincenzo Li Calzi, 46 anni, indagato nell’ambito dell’inchiesta “Sorella sanità”, su un giro di corruzione e di tangenti collegate agli appalti per la sanità e alle forniture di materiali e servizi agli ospedali siciliani, gestiti dalla Cuc, Centrale unica di committenza, presieduta fino al 2019 da Fabio Damiani: qualcosa come oltre 600 milioni di euro complessivi. Lo ha deciso il Gip del tribunale di Palermo, Claudia Rosini, perché i termini di custodia cautelare sono ormai prossimi alla scadenza. Il procedimento a carico di Li Calzi, accusato di corruzione, è ancora fermo alla fase delle indagini preliminari.
Nei giorni scorsi i magistrati della Procura di Palermo, al termine della requisitoria, hanno chiesto le condanne di tutti gli imputati del processo “Sorella Sanità”. Il processo è in corso di svolgimento col rito abbreviato davanti al Gup del Tribunale palermitano.
Chiesti 10 anni di reclusione ciascuno per l’ex direttore generale dell’Asp 6 di Palermo, Antonio Candela, e per il faccendiere a lui vicino, Giuseppe Taibbi. L’altro faccendiere, Salvatore Manganaro, di Canicattì, che ha fatto ammissioni e consentito di allargare l’indagine, la richiesta è di 4 anni e 2 mesi. Per il manager Fabio Damiani, ex direttore generale dell’Asp di Trapani, vengono chiesti 9 anni e 4 mesi. Roberto Satta 8 anni, Angelo Montisanti 5 anni e 4 mesi, Francesco Zanzi 9 anni e 4 mesi, Salvatore Navarra 7 anni e 4 mesi.