LICATA. Le vicende che hanno coinvolto l’interesse dell’opinione pubblica sulla gestione dei rifiuti nel Comune di Licata hanno indotto l’associazione A testa alta ad avviare un’attività di monitoraggio sugli atti amministrativi connessi al detto settore e ad analizzare il fenomeno dell’emergenza igienico-sanitaria e ambientale che interessa la città dalla prima decade di agosto.
In quest’ottica, l’attenzione è stata rivolta alle determinazioni dirigenziali che hanno comportato impegno contabile di spesa e liquidazione della stessa, al fine di verificare la regolarità delle procedure adottate, il rispetto degli atti di programmazione e/o di indirizzo e l’attendibilità dei dati esposti.
Analizzate dai volontari di “A testa alta” circa centocinquanta determinazioni adottate dal Dipartimento Servizi Finanziari del Comune di Licata, presso cui, con deliberazione della Giunta Municipale n. 246 del 28 dicembre 2013, è stata allocata la gestione dei «Servizi Ecologici» e dei «Servizi di Igiene Ambientale», in precedenza assegnata al Dipartimento Lavori Pubblici. I risultati dello studio saranno confrontanti con gli ulteriori elementi raccolti dall’associazione nell’ambito dell’attività di denuncia svolta dalla stessa in materia ambientale e che, in tempi recenti, ha portato anche al sequestro preventivo di diversi beni comunali, tra cui la struttura dell’ex Mattatoio Comunale di Via Umberto II e il terreno confiscato alla mafia sito in Contrada Passarello, entrambi – ad avviso dell’associazione – illegalmente adibiti a discariche di rifiuti speciali, nonché a diverse diffide rivolte all’Ente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, come quelle emanate ai fini del ripristino di adeguate condizioni ambientali nel Centro di Raccolta Rifiuti dell’ex Halos e in molte aree di abbandono abituale di rifiuti pericolosi esistenti nel territorio comunale.
In attesa di completare lo studio in questione, l’associazione A testa alta, nel corso dell’assemblea del 13 gennaio 2018, ha stabilito di portare a conoscenza del Procuratore Regionale della Corte dei Conti e della Guardia di Finanza di Agrigento i dati sin qui raccolti, in quanto – seppur preliminari e suscettibili di integrazioni e precisazioni – evidenziano talune criticità che meritano ulteriori e approfondite indagini, anche al fine di attivare tempestivamente l’accertamento di eventuali responsabilità per danno erariale.
Infatti, in nessuna delle determinazioni fin qui analizzate, riepilogate nelle tabelle trasmesse al Procuratore Regionale e alla Guardia di Finanza con nota del 19 gennaio 2018 viene fatto riferimento ai quantitativi di rifiuti raccolti e/o conferiti né risulta esercitata in merito, da parte del Comune di Licata, alcuna forma di riscontro oggettivo e sistematico, attraverso lo strumento previsto dall’art. 198, secondo comma, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006 o mediante altri idonei sistemi.
Appare evidente che la mancata pubblicazione di tali informazioni e, in generale, di elementi e parametri di ordine quantitativo anche in relazione all’acquisto di carburante, alla manutenzione dei mezzi, al trasporto dei rifiuti, ecc., non consente, attraverso i normali strumenti di monitoraggio civico che l’ordinamento mette a disposizione di ogni singolo cittadino, di ricostruire anzitutto un quadro attendibile e completo dei quantitativi gestititi sul territorio; esigenza, questa, tanto più avvertita dalla cittadinanza di fronte alla gravissima emergenza igienico-sanitaria in atto, a cui, paradossalmente, come emerge dai dati sin qui raccolti, corrisponde un progressivo aumento delle liquidazioni effettuate dal Comune di Licata nel settore rifiuti e, in generale, dei servizi di igiene ambientale (da € 4.550.208,23 nell’anno 2016 ad € 6.887.120,32 nell’anno 2017, di cui € 1.155.680,81 per impegni assunti nell’esercizio 2016).
Oltre all’importo complessivo delle liquidazioni effettuate nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2017 e il 31 dicembre 2017 (€ 6.887.120,32, a cui dovranno aggiungersi gli importi liquidati a partire dal 1 gennaio 2018 in esecuzione di impegni assunti nell’anno 2017), a fronte di un servizio carente ormai da tempo sotto ogni punto di vista, ciò che sorprende ancor più è l’eccessiva frammentazione dei soggetti preposti, nella quasi totalità dei casi attraverso affidamenti diretti, alle varie attività, con conseguente e inammissibile “deresponsabilizzazione”, anche a seguito del mancato uso, da parte del Comune – e, si badi, sempre secondo quanto emerge dagli atti pubblicati dall’Ente – dei poteri ispettivi e/o di vigilanza e controllo nei confronti delle società e delle imprese in genere coinvolte a vario titolo nella gestione del servizio, anche in via occasionale, nella materiale raccolta e smaltimento dei rifiuti, attraverso il sistematico ricorso ad affidamenti diretti.
Inoltre, per alcune determinazioni dirigenziali, i link riportati nel sito web risultano errati poiché conducono a file in formato .pdf relativi a determinazioni adottate da altri Dipartimenti e aventi un oggetto diverso da quello riportato nella pagina web.
Nel mese di ottobre, l’associazione aveva anche formalmente chiesto alla Commissaria Straordinaria del Comune, On.le Maria Grazia Brandara, di avviare una indagine conoscitiva al fine di accertare i costi sostenuti dal Comune di Licata per la gestione dei rifiuti, ivi compresi quelli conseguenti all’ordinanza contingibile e urgente n. 60 del 6 ottobre 2016, quelli relativi ai compensi corrisposti al personale della società Dedalo Ambiente, ai pagamenti eseguiti per noli, manutenzione e carburante mezzi, nonché di accertare anche i costi conseguenti al rapporto di partecipazione societaria in essere tra il Comune di Licata e la predetta Dedalo Ambiente.
L’analisi, condotta nella prima fase sulla base dei soli atti pubblicati nel sito istituzionale dell’Ente, avrebbe dovuto proseguire con l’acquisizione di ulteriore documentazione mediante accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 33/2013. Così, il 21 marzo scorso, con un’articolata istanza nella quale si è dato anche conto dello studio in corso e delle iniziative promosse anche in sede giudiziaria, l’associazione ha formalmente chiesto al Comune il rilascio di copia dei mandati di pagamento emessi al fine della corresponsione degli importi indicati nelle circa centocinquanta determinazioni dirigenziali richiamate nelle tabelle trasmesse all’Ente.
L’istanza tuttavia è stata rigettata con provvedimento del Responsabile dell’Ufficio Accesso dell’11 aprile scorso perché «dovrebbe preliminarmente essere eseguita una serie numerosa di notifiche ai controinteressati, in quanto trattasi di documenti riguardanti terzi e che potrebbero eventualmente ledere il diritto alla privacy» e con la sorprendente affermazione secondo cui «da una verifica verbale eseguita presso l’Ufficio mandati di questo Ente, risulta che gli stessi non riportano informazioni diverse rispetto a quelle già di conoscenza dell’associazione». Una verifica verbale, dunque; dovremmo prenderla per buona così, sulla fiducia.
Non è dato comprendere, soprattutto, quali sarebbero i dati personali dei quali l’accesso potrebbe vulnerare la tutela, soprattutto ove si consideri che si tratta di mandati di pagamento emessi in esecuzione di determinazioni dirigenziali pubblicate nel sito istituzionale dell’Ente. Ma l’assoluta inconsistenza logica, oltre che giuridica, della motivazione appare evidente laddove si tenga presente che il Comune era (ed è) obbligato a pubblicare sul proprio sito anche i dati sui pagamenti eseguiti (compresi quelli relativi agli ordinativi di pagamento di che trattasi), permettendone a tutti i cittadini la consultazione in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari (art. 4-bis, D.Lgs. n. 33/2013).
Avverso questo provvedimento l’associazione ha proposto riesame ed è fiduciosa su un provvedimento del Responsabile della Prevenzione della Corruzione che ribalti quello del Responsabile dell’Accesso.
La strada della trasparenza, l’unica da percorrere, è lastricata di buone intenzioni, ma è ancora lunga e tortuosa.
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