Da Raffadali all’Ucraina, la scuola oltre la guerra. Ogni mattina Anna e Timur, 12 e 15 anni, si preparano per le lezioni; prendono libri e quaderni e accendono il computer.
Il loro professore è già lì che li aspetta, per fare l’appello dei presenti e iniziare a spiegare. Solo che lui è in Ucraina e loro, Anna e Timur, si trovano a Raffadali!
Idem per Andriy, un ragazzino di 11 anni fuggito con la mamma da Bucha, alla periferia di Kiev, il 14 marzo scorso.
Questi sono alcuni degli studenti, ospiti con le loro famiglie, in abitazioni private grazie al senso di generosa accoglienza da parte di abitanti del luogo.
Anna e Timur raccontano che abitavano a Dnipro, la terza grande città dell’Ucraina, con un milione di abitanti e un centro siderurgico di primaria importanza. Dal marzo scorso la loro città è sottoposta ai ripetuti attacchi delle forze russe.
La famiglia di Anna e Timur risiedeva in un alloggio situato in un condominio proprio accanto ad un poligono militare. E con l’incalzare degli eventi bellici, l’intero quartiere venne pesantemente bombardato. Finché hanno potuto, fratello e sorella avevano cercato di andare a scuola “in presenza”, poi, quando in Ucraina è stato decretato il coprifuoco con il divieto di uscire dalle proprie abitazioni per il susseguirsi dei raid aerei, la vita è diventata un vero inferno.
Così la mamma di Anna e Timur, Anastasia, una donna di 37 anni laureata in informatica e che a Dnipro lavorava presso uno studio professionale, prese la decisione di fuggire; ha abbandonato tutto, la casa e la propria terra, cercando rifugio per sé e per la famiglia, in Europa. Un viaggio sotto le bombe, fino a raggiungere il confine nella speranza di trovare un posto sicuro dove vivere senza più paura.
E questo posto l’ha trovato in provincia di Agrigento. Adesso, fratello e sorella, con la loro mamma Anastasia e la nonna, sono alloggiati presso una famiglia che ha deciso di condividere l’appartamento con loro.
“Queste famiglie arrivate da poco a Raffadali, vengono seguite e attenzionate in modo particolare dal Comune” – spiega il sindaco, Silvio Cuffaro.
Diversi altri scolari ucraini, che hanno trovato ospitalità a Raffadali, si collegano la mattina con la loro scuola. Uno di questi è Andriy Rudenko che in Ucraina era iscritto al corrispettivo della nostra prima media. Lui, assieme alla sua giovane mamma Elena, sono fuggiti da Bucha, località ad una sessantina di chilometri dalla capitale, tristemente nota in questi giorni per la strage di civili, uccisi e abbandonati in mezzo alla strada principale.
Per il piccolo Andriy la paura non è ancora passata e forse non passerà mai. Teme di non farcela a superare lo shock della guerra e per questo la sua mamma non se l’è ancora sentita di iscriverlo alla scuola del paese.
Per tutte queste famiglie, la speranza è quella di poter riprendere una vita normale lontana dalla guerra.
Uno dei numerosi problemi, è che nessuno di questi ragazzini arrivati da poche settimane, conosce una sola parola di italiano. Però questi giovanissimi ucraini, riescono ugualmente a dialogare con i loro coetanei. Si aggiustano facendosi capire con frasi in inglese e soprattutto utilizzando il servizio di traduzione simultanea dei loro cellulari.
“Anna e Timur hanno ottenuto tempestivamente la residenza da parte dei nostri uffici comunali”- continua il sindaco. Con il certificato di residenza, i ragazzi sono stati iscritti alla scuola media del paese, la “Galileo Galilei”, ma le difficoltà da superare, scolastiche e non, sono ancora tante. D’accordo con la preside dell’Istituto Comprensivo, fratello e sorella in questo periodo alternano le ore di lezione, tra la scuola “in presenza” dove seguono un corso di alfabetizzazione di italiano, e le lezioni in Dad in collegamento con l’Ucraina.
Così come Andriy che continua imperterrito a collegarsi con ciò che rimane della sua scuola. Qualche volta la connessione è buona e regge per qualche ora; altre, invece, non funziona del tutto. Dall’altra parte dello schermo, c’è sempre la speranza di trovare qualche suo professore o sentire qualche suo compagno di classe, in collegamento anche lui da paesi o città europee dove le famiglie hanno trovato protezione.
Con l’aiuto dell’interprete, i ragazzi raccontano di come sia una gioia, potere rivedere sullo schermo la faccia dei loro vecchi professori, almeno quelli che sono rimasti nonostante i bombardamenti.
“Le lezioni di Storia e Letteratura ucraina o di matematica proseguono con una certa regolarità – spiega Timur – ma non quelle di Tedesco o di altre materie, perché quei docenti “sono impegnati altrove”.
La resistenza ucraina è fatta anche di questo; di brandelli di normalità, di lezioni tramite la rete, di contatti che non vogliono interrompersi.
L’edificio scolastico frequentato da Anna e Timur, raccontano, non esiste più. Il fabbricato è stato messo a disposizione, dal sindaco della città, per la Difesa territoriale. In pratica le aule sono state trasformate in cucine o in magazzini, dove vengono preparati i pasti caldi ai militari o ai volontari impegnati nella difesa della città. Nonostante la guerra, ogni mattina, così come Anna e Timur, tanti altri compagni di scuola ucraini si collegano in Dad: tra loro c’è chi è rimasto nel Paese d’origine ma diversi sono ospiti nel nord Italia. C’è chi si collega dalla Polonia, dalla Spagna o dai Paesi europei.
Queste “eroiche” lezioni, ogni tanto vengono interrotte dal suono delle sirene, oppure dalla connessione che cade. Non è semplice la Dad, in un Paese in guerra! Ma la scuola, per questi ragazzi, è uno strumento prezioso per mantenere salde le loro radici e per dialogare con gli amici. E così questi studenti riescono in qualche modo a rimanere collegati tra loro e a tentare di andare avanti ugualmente, nel percorso di studio.
Timur presto dovrà sostenere l’esame di terza media ed è preoccupato di non potere passare l’anno. Il ragazzo è stato iscritto alla terza media, che corrisponde all’ottavo anno del sistema scolastico ucraino, la sorella, invece è in seconda media. “Stiamo aspettando indicazioni ministeriali – spiega la vice preside della scuola “Galilei”, Giusy Caruso, in relazione alle difficoltà didattiche che questi ragazzi stanno incontrando nell’inserimento, praticamente a fine anno scolastico, nella scuola italiana”.
Per Anna, per Timur, per Andriy e per tutti i loro compagni ucraini, il futuro resta ancora molto incerto.
LORENZO ROSSO
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