Il 2023 è un anno di transizione tra la fase di eccezionale recupero post-pandemico e un futuro incerto nel quale la crescita economica è tutta da costruire. Così l’Ufficio Studi Confcommercio nella “Nota sulle economie regionali” diffusa in occasione dell’Assemblea Generale della Confederazione tenuta a Roma il 7 giugno scorso, alla quale ha partecipato il Presidente di Confcommercio Agrigento, Giuseppe Caruana, insieme ad una delegazione agrigentina. Presidente Caruana che ha consegnato al Presidente Nazionale Sangalli la prima copia del progetto di sintesi della struttura agrigentina relativamente ad “Agrigento Capitale della Cultura Italiana”.
Durante l’assemblea è emerso che i divari regionali si ampliano, nel 2023 il Sud cresce 3 volte meno rispetto al Nord.
2023 anno di transizione.
Per il 2023, le previsioni di Pil e consumi sono, rispettivamente, +1,2% e +1%, con un lieve miglioramento nel 2024 con Pil a +1,3% e consumi a +1,1%; per l’inflazione si stima una crescita del 5,9% nel 2023 per calare al 2,3% nel 2024. L’anno in corso rimane un anno di transizione tra la fase di eccezionale recupero post-pandemico e un futuro incerto nel quale la crescita economica è tutta da costruire.
Pil e consumi regionali: il sud ‘fermo ai box’.
A livello regionale si acuiscono i divari Nord-Sud: nel 2023, infatti, il Pil del Mezzogiorno crescerà quasi tre volte meno rispetto al Nord (+0,5% contro +1,4%); la Lombardia con una crescita dell’1,7% è la regione con la migliore performance, la Sicilia insieme a Calabria e Sardegna con crescita zero. Analoghe dinamiche anche per i consumi 2023 con il Sud a +0,4% e il Nord a +1,2% con la Sicilia che registra un -0.3.
Popolazione: si spopola solo il mezzogiorno.
A preoccupare maggiormente è il calo demografico: nel 2023 la popolazione italiana si è ridotta di quasi 1 milione di persone rispetto al 2019, di cui oltre la metà solo nel Mezzogiorno. Nel lungo periodo, tra il 1995 e il 2023, solo quest’area ha perso residenti (oltre 900mila) e Molise, Calabria e Basilicata sono le Regioni con i maggiori cali percentuali (tra l’11 e il 12%); la Sicilia con il suo -4.4% registra un calo della popolazione pari a 218.000.
Occupazione: nel 2023 gli occupati al sud sono meno di quelli di 30 anni fa.Anche le dinamiche occupazionali evidenziano una maggiore criticità del Sud, unica area che registra, tra il 1996 e il 2023, una perdita di lavoratori e che nel 2023 non riuscirà a recuperare nemmeno i livelli di quasi 30 anni fa: a fronte di una media nazionale del +6,5%, il Mezzogiorno fa segnare un calo dell’1,7% contro il +13,1% del Centro, il +11,6% del Nord-Est e il +6,9% del Nord-Ovest; “maglia nera” per Calabria (-7,2%) e Campania (-5,2%), la Sicilia registra un -3.5%. Migliore performance per Lazio (+19%) e Trentino Alto Adige (+18,7%). Gli effetti di questo calo occupazionale nel Sud si fanno sentire: tra il 1995 e il 2023 il contributo di quest’area al Pil nazionale è diminuito dal 24,1% al 21,7%.
Dulcis in fundo: demografia d’impresa: economia sempre più terziaria, al sud nascono più imprese.
Prosegue senza sosta il processo di terziarizzazione della nostra economia: le imprese dei servizi di mercato, quelle che Confcommercio rappresenta, hanno sfiorato i 2,8 milioni nel primo trimestre di quest’anno, ossia il 54,8% del totale un dato che rappresenta un record storico; inoltre, tra il 2012 e il 2023, sono cresciute complessivamente del 2,5% a fronte di un calo del 2,6% delle imprese di tutti i settori economici. Il Sud è l’area che mostra la maggiore vitalità per questo segmento di imprese con una crescita del 6,2% ed il dato Siciliano si attesta perfettamente alla media del mezzogiorno ovvero il 6.2% rispetto ad un totale dell’economia del mezzogiorno che è pari allo 0.8%.
Il presidente di Confcommercio Agrigento, Giuseppe Caruana, afferma: “Sulle dinamiche appena descritte e in particolare in Sicilia pesano i ritardi di attuazione di molti progetti del Pnrr, verosimilmente più accentuati rispetto a tante altre regioni ma non solo. Le condizioni economiche e sociali di vita sono strettamente collegati a delle necessarie e incisive politiche per il riequilibrio territoriale che dovrebbero passare da un piano di riduzione dei difetti strutturali attraverso un maggiore controllo del territorio e contrasto alla micro-illegalità, così come la digitalizzazione e l’innovazione nel rapporto burocratico tra cittadini e le istituzioni, investire sulla formazione e trasformazione continua delle abilità e delle competenze e, soprattutto, ridurre i gap infrastrutturali che non permettono un’adeguata connessione socio-produttiva col resto del Paese e con l’Europa”.
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp