
Sette imputati coinvolti nell’inchiesta denominata “Ponos” (inizialmente coordinata dalla Procura di Agrigento con il pubblico ministero Gloria Andreoli), su un giro di caporalato e sfruttamento nei campi agrigentini di braccianti, soprattutto dell’Est Europeo, hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. Si tratta di Vera Cicakova, della Slovacchia, 60 anni e la figlia Veronika, 38 anni, ritenute a capo dell’organizzazione; Rosario Burgio, 43 anni, di San Cataldo; Inna Kozak, 27 anni, ucraina (irreperibile con decreto del 3 marzo scorso); il romeno Neculai Stan di 63 anni; Emilio Lombardino, 47 anni di Agrigento, residente a Porto Empedocle; Giovanni Gurrisi, 41 anni, di Agrigento.
Rosario Ninfosì, 53 anni, di Palma di Montechiaro, ha chiesto di patteggiare la pena a 2 anni di reclusione. Non ha scelto rito alternativi Vasile Mihu di 44 anni, rumeno. I sostituti procuratori della Dda di Palermo Calogero Ferrara e Ilaria De Somma avevano chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati.
L’operazione è stata portata a termine dai carabinieri della Compagnia di Agrigento. Vi era un meccanismo di permessi turistici sfruttati per fare arrivare questi lavoratori che venivano poi privati del passaporto, alloggiati in case procurate dalla stessa organizzazione – continua Patronaggio -. L’orario di lavoro era di circa 12 ore di cui buona parte notturno: iniziavano alle 3 e proseguivano fino alle 17, talvolta anche fino alle 19». Le paghe erano di circa 30 euro lorde. Una paga da fame.