A Roma il potere istituzionale rende omaggio al beato giudice Livatino

A Roma il potere istituzionale rende omaggio al beato giudice  Livatino. Proprio così. Lo comunica oggi, in prima pagina “L’Osservatore Romano” che parla della camicia bianca che indossava il giudice  canicattinese Rosario Livatino, quando il 21 settembre 1990  venne ucciso dalla mafia lungo la strada fra Canicattì e Agrigento. Camicia diventata rossa per il suo sangue  e diventata perciò preziosissima reliquia,  specie dopo la beatificazione  del 9 maggio 2021 nella cattedrale di Agrigento, dove viene abitualmente conservata.Camicia che già si trova a Roma e che da stasera 14 gennaio,  e per i sette giorni successivi, inizia nella capitale,  una solenne  “peregrinatio” che toccherà anzitutto luoghi istituzionali più importanti della nostra Repubblica, dalla Camera dei deputati al Senato, al Consiglio superiore della magistratura, Non solo !   avrà anche altri momenti soprattutto nelle parrocchie con visite degli studenti di diversi Istituti, ed anche a seguire una mostra e due convegni.

La “peregrinatio” – come scrive l’organo vaticano –   è stata ufficialmente presentata da un apposito comitato istituito dagli istituito dagli organizzatori dell’Arciconfraternita di Santa Maria Odigitria dei Siciliani in Roma.

E sempre come scrive “L’Osservatore Romano , la teca recante la scritta Sub Tutela Dei farà tappa in varie parrocchie e quartieri della capitale,  per dare la possibilità a tanti studenti di fermarsi davanti alla reliquia  e meditare su quell’ideale  che ha animato il giovane giudice  Livatino, per il quale  ha offerto un luminosa testimonianza, impegnando tutta  la sua  vita, sino al sacrificio.Registriamo in questo periodo anche dalle nostre parti, in terra agrigentina , un periodo di riflessione, attenzione, meditazione e preghiera; soprattutto a Canicattì, dove  in certi momenti, una certa polemica, dopo la beatificazione,   sulle reliquie e soprattutto in merito al trasferimento della salma, sembravano davvero su posizioni nettamente contrapposte. Sicuramente – mi pare proprio – che provvidenzialmente nessuno  pensi  piùin merito al trasferimento della salma, che attualmente si trova nella Cappella di famiglia nel Cimitero di Canicattì,  ad uno “scontro” istituzionale tra  Curia  e  Comune. Da parte di tutti è stata ben  compresa la nobile  motivazione  che aveva fatto pensare da  una “sepoltura privilegiata”, come massimo segno di riconoscimento,  di Livatino nella Basilica Cattedrale,  Chiesa Madre della diocesi. Il che, proprio per sommo rispetto,  faceva pensare che “sarebbe stato auspicabile e preferibile”, la Cattedrale come luogo di traslazione della salma.  In questo modo – sin pensava –  che  la  riconosciuta santità del battezzato canicattinese, sarebbe meglio diventata  dono per tutta la Chiesa, agrigentina e  non solo.

Ma, a parte la reazione non favorevole, con votazione  unanime,  del Consiglio Comunale, adesso   in avanzato clima sinodale, pare che anche nella Chiesa in generale, (compresa   quella agrigentina!), si  profili un atteggiamento diverso e forse migliore.

Si è più prepensi a guardare alla particolare sensibilità del luogo in cui una vocazione è maturata.  Nel senso che si è più disponibili ad accogliere e rispettare le particolari sensibilità del luogo  dove si è maturata la propria personalità e spiritualità.   E non c’è dubbio che anche tra i nostri paesi,….per esempio Agrigento, Favara, Canicattì, Ravanusa ecc. ecc.  se vogliamo essere oggettivi,  c’è un modo, almeno  “leggermente”,  diverso di incarnare, praticare, vivere la fede;  e formare, plasmare  la propria personalità e spiritualità.

 E Livatino la sua  personalità umana e cristiana l’ha formato e  maturato a Canicattì;  sicuramente sotto l’influsso del grande frate francescano, adesso venerabile  P. Gioacchino Lalomia, che tanto ha inciso nel tessuto sociale, ed  al quale  tutti i canicattinesi sono devoti. Insomma, il giudice Rosario Livatino, anche se ogni  giorno si recava ad Agrigento per il suo lavoro, sentiva di essere canicattinese, e mai si è voluto staccare da Canicattì, così come tutta la sua famiglia. E nella parrocchia S. Domenico ha vissuto il suo cammino di fede,  chiedendo da adulto la Cresima, dopo aver frequentato (quando era già giudice !)  regolarmente , il corso di preparazione riservato agli adulti.