Girgenti Acque rimane a secco. A tagliare i rubinetti questa volta è stato il provvedimento dell’ATI.
Dopo l’interdittiva antimafia firmata dal predetto Dario Caputo, si consumano i vari passaggi formali che tutti si aspettavano. Le dimissioni del presidente Marco Campione (accettate dal CDA), la nomina di un sostituto (Avvocato Diego Galluzzo), il ricorso al TAR e adesso pure la risoluzione dal contratto di gestione da Girgenti Acque. Esito quest’ultimo a cui è arrivata l’Assemblea Territoriale Idrica che ha contestato al gestore del servizio idrico alcune inadempienze associata alla recente decisione del prefetto di emettere l’interdittiva antimafia.
Una decisione attesa soprattutto dalle associazioni per l’acqua pubblica che in questi ultimi anni hanno più volte ribadito le presunte inadempienze di Girgenti Acque.
Adesso si aspetta la nomina di un commissario. L’Ati deve indicare chi dovà occuparsi dell’ordinaria amministrazione in attesa di una forma di gestione diversa dall’attuale.
Alla luce degli ultimi avvenimenti (interdittiva antimafia) il vulcano è pronto ad esplodere e con esso i privilegi riservati ai soliti noti. Una eruzione che non si ferma al mondo politico e alle assunzioni pilotate, per questa azienda con 13 depuratori già sotto sequestro, 400 assunzioni e appalti per decine di milioni di euro attorno a una società che perfino la stampa nazionale aveva definito claudicante.
Per la comunità il problema adesso sarà trovare una soluzione che non faccia arretrare il servizio in atto con luci ed ombre ma che potrebbe precipitare con le gestioni in house: i comuni non hanno più la capacità (e le risorse umane interne) per assicurare il servizio.
Occorrerà cercare un punto di equilibrio, con la gestione commissariale, che non disperda la serenità occupazionale dei dipendenti, idraulici e tecnici specializzati (se ci sono) e che il sevizio sia comunque assicurato.
Altro scottante tema è il costo: è inconcepibile che all’interno della Provincia (con approvvigionamento uniforme ed acquisto identico da Sicilia Acque) il costo sia diverso da Comune a Comune.
Bisognerà mettere da parte ad esempio gli egoismi dei centri montani facendo loro capire che le sorgenti che ricadono nei loro territori non sono esclusivamente propri e che il costo del bene primario, al pari di luce e gas deve essere identico.
Ormai è chiaro che in Sicilia e in questa “scellerata” terra agrigentina, tutto ciò che altrove viene recepito come una riforma o un avanzamento, qui finisce per essere mal gestito. La privatizzazione nel settore delle acque e dei rifiuti, ha determinato certamente, ad ascoltare il parere comune di ogni cittadino, un peggioramento dei servizi ed un aumento stratosferico dei costi.
In questo contesto, si aspettano ancora gli esiti dell’inchiesa avviata dalla magistratura. Sono più di 70 le persone inserite nei registri degli indagati. Ogni singola posizione dovrà essere chiarita.
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