I bagni non avevano la porta, uomini e donne costretti a dormire insieme e acqua corrente interrotta dalle 21 alle 7.
Secondo quanto riferito dalle organizzazioni, nell’hotspot di Lampedusa, del quale è stata disposta la chiusura per ristrutturazione il 13 marzo scorso dopo le denunce di condizioni di vita disumane, “non esiste una mensa”, e i servizi igienici “sono senza porte ed i materassi sporchi e malmessi. Le persone dormono “in cameroni che possono ospitare fino a 36 persone senza nessuna separazione tra uomini, donne e minori”.
L’acqua calda “è assicurata solo per un’ora al giorno, l’acqua corrente nei bagni è interrotta dalle 21 alle 7”, e le condizioni di sicurezza “sono praticamente inesistenti”. Durante la visita, i volontari delle organizzazioni hanno raccolto testimonianze di cittadini tunisini che avevano manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale, “ma la relativa domanda non era stata formalizzata”. Spesso gli ospiti del centro, presi dalla disperazione, “hanno perpetrato atti di autolesionismo o provato a ribellarsi”, si legge nel rapporto. A tali episodi, “le forze dell’ordine presenti all’interno del centro hanno risposto, sempre secondo le testimonianze raccolte, con violenza, perquisizioni arbitrarie, insulti e minacce”. In una occasione, “le autorità di polizia hanno risposto con la forza, caricando indiscriminatamente uomini, donne, bambini e persone vulnerabili. Almeno due persone (una minore di 8 anni ed una donna di 23 anni) sono state trasportate al pronto soccorso per aver riportato esiti da traumi contusivi dovuti a manganellate”, si legge nel documento, dove viene inoltre segnalato che a due avvocati è stato negato il permesso di entrare nel centro per conferire con i loro assistiti, fatto che consiste in una “grave lesione del diritto di difesa”.
Il rapporto segnala che “a seguito della chiusura dell’hotspot di Lampedusa, anche a causa dell’illegittima mancata formalizzazione della domanda di protezione internazionale, per la stragrande maggioranza degli ospiti è stato disposto un decreto di respingimento differito e un decreto di trattenimento presso i Cpr”, centri per il rimpatrio, una prassi “da ritenersi illegittima in quanto il trattenimento di richiedenti asilo può avvenire solo nei casi eccezionali stabiliti tassativamente dalla legge”. Le organizzazioni denunciano che presso il Cpr di Potenza “si sono registrati gravissime violazioni del diritto di difesa che hanno impedito agli interessati di essere assistiti dal proprio difensore in occasione delle udienze di convalida” del trattenimento.