Sequestrati beni per 120 milioni al re della fibra siciliano. I magistrati: “Impero aiutato dalla mafia”
Per i magistrati siciliani il successo imprenditoriale di Calogero Romano, il re della fibra ottica dell’isola, è dovuto ai rapporti che intratteneva con Cosa Nostra. A mettere nei guai Romano sono le dichiarazioni del pentito Ignazio Gagliardo, principale punto di riferimento di Romano nelle cosche. Pur non essendo affiliato, l’imprenditore di Racalmuto, avrebbe creato il suo impero economico grazie ai favori della mafia. In particolare, secondo i magistrati, nell’arco di 20 anni (tra il 1992 e il 2012, Romano avrebbe consentito alla famiglia Gagliardo (Ignazio Gagliardo, Calogero Gagliardo e Maurizio Di Gati) di gestire l’impianto di calcestruzzo gestito attraverso società a lui riferibili (Eredi Romano, Romano srl e Ierre srl) in cambio dell’accrescimento della sua attività economica.
Grazie all’appoggio della mafia, nel corso degli anni le attività di Romano si sono moltiplicate, invadendo anche altri settori economici. È nata così la Program Group Racing Engineering srl proprietaria dell’Autodromo internazionale Valle dei Templi di Racalmuto. Ma anche la Mediterranea cavi spa e la Romano Telecomunicazioni, queste ultime specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione delle reti telematiche nelle province della Sicilia Occidentale.
Un impero che oggi vacilla. La Guardia di Finanza, eseguendo un provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Agrigento, su ordine della Procura di Palermo, ha sequestrato a Calogero Romano beni per oltre 120 milioni di euro. Nel 2016 il Tribunale di Agrigento aveva condannato Romano a 6 anni e 6 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.