FAVARA. Ho rivestito il ruolo di vertice della famiglia mafiosa di Favara fino al 2013-2014. I componenti erano Giuseppe Vella, Pasquale Fanara, Stefano Valenti, Gerlando Valenti, Giuseppe Blando, Calogero Limblici, Luigi Pullara e Angelo Di Giovanni. Almeno questo succedeva quando c’ero io». C’è anche il contributo del collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta dietro l’operazione «Montagna 2»: il pool di pm della Dda che sta coordinando l’inchiesta sui nuovi mandamenti mafiosi della provincia di Agrigento, composto da Alessia Sinatra, Claudio Camilleri e Geri Ferrara, ha di fatto ottenuto la sola «rinnovazione» del provvedimento restrittivo: il tribunale del riesame, in sostanza, aveva annullato la prima ordinanza perché riteneva che il gip di Palermo, Filippo Serio, si fosse troppo «appiattito» sulla richiesta del pm senza motivare adeguatamente. Un vizio di forma che consente di chiedere un nuovo provvedimento con gli stessi elementi.
Ma i magistrati hanno anche aggiunto qualcosa. Innanzitutto, c’è il pentimento di uno degli indagati di punta: Quaranta è stato a capo della famiglia mafiosa di Favara e ha contribuito con le sue dichiarazioni al nuovo arresto di Di Giovanni e Pullara, indicati fin dai primi verbali come organici al clan. «Pullara – racconta il pentito – cercava i covi a Gerlandino Messina». Messina è l’ex capo provincia di Cosa Nostra catturato il 23 ottobre del 2010 proprio a Favara dopo quasi dodici anni di latitanza. «Luigi Pullara, essendo che aveva avuto nel passato… passato sarebbe a dire parliamo di qualche annetto prima ca avia curatu a latitanza di cosa… di Gerlandino Messina. Era lui che trovava i posti per Gerlandino Messina». Quaranta, con toni dialettali e pittoreschi aggiunge: «Nell’ultimo covo Bellavia prima ci avia statu, poi sinni ini, poi non potendo più trovare appartamenti perché la gente a Favara – e criditimi veramente – si stuffaru, perché la gente è rovinata e non può più né lavorare né avere finanziamenti, la gente che lavora e vive di queste cose».
Quaranta, in uno dei suoi primi verbali con i magistrati della Dda, «aggiorna» il quadro dei mandamenti e delle famiglie mafiose. «L’unica famiglia mafiosa presente a Favara – dice – è di Cosa Nostra». Il collaboratore di giustizia aggiunge: «Ho avuto rapporti con le famiglie mafiose di San Biagio Platani, Cammarata, Giardina Gallotti, Catania, Enna e Palermo. Fino al momento dell’arresto, il rappresentante di tutta la provincia di Agrigento era Pietro Campo. Io so che adesso sono in difficoltà seria, ma dentro Cosa Nostra si trova sempre il sistema su come comunicare».
Il neo collaboratore di giustizia – il primo della storia di Favara – descrive poi la «geografia» di Cosa Nostra. «Favara fa mandamento a sé e fino al 2014 era diretto da me e ora da Pasquale Fanara, perché io sono stato posato». Per ogni zona indica il capo e fa il nome anche del responsabile dell’intero mandamento. «Il mandamento di Santa Elisabetta, con a capo Francesco Fragapane, comprende Raffadali (con a capo Antonino Vizzì con Salvatore Manno che è l’anziano, il vero capo è lui ma Vizzì è quello operativo), Sant’Angelo Muxaro (gestito dai Fragapane), Aragona (con a capo un certo Gino che ha una masseria di cui non ricordo il nome al momento)». Quaranta continua la ricostruzione della mappatura delle cosche: «A capo del mandamento di Bivona c’è Giuseppe Luciano Spoto detto “Nasca”. Comprende San Biagio Platani, con a capo Giuseppe Nugara; Cianciana con Ciro Tornatore che credo sia morto. L’ho visto solo una volta in un casolare verso il 2012-2013. E poi nel mandamento rientrava anche Santo Stefano di Quisquina ma non so chi ne fosse a capo».
Fra gli elementi a supporto anche gli interrogatori di alcuni imprenditori che, dopo i primi arresti, hanno confermato le richieste estorsive.